Costretti a difendere i pollai.

Se non fosse che a difendere la decisione della commissione di Vigilanza della RAI è stato un Presidente del Consiglio che pensa che la par condicio sia una legge “liberticida e assurda” e che vada abolita “reintroducendo quella norma che stabilisce presenze televisive proporzionali ai voti“, verrebbe quasi da gioire. Lo confesso: mi provoca una certa sensazione di sollievo pensare che, almeno per un mese, quella stragrande maggioranza di italiani che utilizza la televisione per avvicinarsi alla politica potrebbe fare a meno di sorbirsi le litigate, la dietrologia, il populismo e l’inconcludenza dei talk show nostrani. Su una cosa sono d’accordo con Berlusconi: si tratta, né più né meno, di pollai televisivi (anche se con le debite proporzioni).

Non posso credere, infatti, ci sia davvero chi ha imparato qualcosa da una puntata di Porta a Porta o Ballarò – a parte alcuni precisi artifici retorici per impedire all’avversario di esprimersi compiutamente. Qualcosa, sia chiaro, che non avrebbe potuto imparare in pochi minuti (e non in due ore e mezzo) aprendo un giornale qualunque, anche il più sgangherato (inserite un nome a scelta, le idee non mancano) o almeno la sua versione online – il che consente tra l’altro di risparmiarsi le urla, i “mi lasci finire” e le infinite digressioni che non tornano mai al punto. C’è davvero bisogno di AnnoZero per sapere dei processi del Premier? Perché di questo avrebbe parlato, con ogni probabilità, anche nel mese a venire. Non di nucleare. Non di istruzione. Non di federalismo. Sempre e solo dei processi di Berlusconi. Consiglio una capatina in libreria: anche lì c’è (quasi, per fortuna) solo quello. I libri hanno inoltre il vantaggio di non riportare, di solito, i volti ributtanti e le voci stridule dei presenzialisti dei salotti televisivi. Un altro punto a favore di non poco conto. Certo, costano una maggiore fatica, ma è il prezzo da pagare per non dire stupidaggini (se basta). 

Il problema, come sempre, è che di mezzo c’è Berlusconi. Che, essendo l’uomo delle leggi ad personam, non è esattamente il politico più adatto (se mai ce ne fosse uno) a fare i palinsesti televisivi. Della terzietà, insomma, è lecito dubitare (è un eufemismo). Anche l’idea di sostituire tribune politiche ai talk show non sarebbe di per sé cattiva: chissà che gli intervenuti non siano costretti, per una volta, a parlare di programmi, mandare a memoria qualche statistica, fingere di avere in mano la soluzione a uno qualunque dei problemi reali dei cittadini. Se non fosse che poi, di fatto, le regole finirebbero probabilmente per favorire qualcuno (chissà chi) a discapito di altri. Il che spiega, credo, la violenta protesta dei “partitini”, che altrimenti dovrebbero ringraziare il premier per tanta magnanimità (chi li ha visti a Ballarò etc. – a parte Vendola – alzi la mano). 

In definitiva siamo nell’orrenda, paradossale situazione di dover tirare in ballo i diritti costituzionali, gridare allo scandalo, indire scioperi e riesumare la parola libertà (che triste destino la perseguita) per difendere il nostro diritto di guardare Porta a Porta. Siamo costretti a difendere i pollai. Non c’è che dire, questo Paese non finisce mai di stupirmi.

5 pensieri su “Costretti a difendere i pollai.

  1. Non dimenichiamo che sono proprio i pollai a dare da mangiare a tantissima gente e che chi ancora non ne aprofitta,attende il momento giusto per farlo.
    auf wieder sehen

  2. Come ti invidio Fabio, se riesci ancora a stupirti. Io invece oramai ho letto il gioco, e non mi è più concesso. Berlusconi è questo paese, la sua anima, lo è da quasi un millennio. Il carnevale ci aiuta a capirlo. La commedia dell’arte che del nostro paese ha rappresentato l’anima popolana ha dato vita alle maschere di arlecchino servo di due padroni, di pulcinella servo furbo affamato e sbeffeggiante, di pantalone padrone avido ed insidiatore di servette, di brighella intrallazatore imbroglione e senza scupoli, di balanzone dottorone vanaglorioso ma inetto…
    E ora ci ha dato Berlusconi, che è tutto questo e nulla in più.

    Michele Gardini

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