Da un altro mondo

Prima serata, l’Infedele. Lerner annuncia che si parlerà di LiquidFeedback e democrazia digitale. Il dibattito è importante e, per una volta, sul pezzo. Decido di seguirlo, prendendo pubblicamente appunti su Twitter. Prima domanda del conduttore agli ospiti: «Verosimile arrivi la tecnica di Internet a costruire una classe dirigente?».

«Chi si fida del voto via Internet?»

«Chi si fida del voto via Internet?»

Si inizia con uno straw man argument (democrazia digitale uguale democrazia più click), penso. Chissà, magari serve a scopi didattici. C’è un esponente del Partito Pirata, ma la domanda si concentra su quanti voti abbia preso per sedere in trasmissione – e non su LiquidFeedback, che avrebbe potuto spiegare per bene facendo quello che la puntata, dopotutto, si proponeva di fare. «Ma non è un po’ da sfigati, da anime solitarie fare politica soltanto pigiando i tasti?», chiede Lerner. Dopo la caricatura ecco il pregiudizio – annoto mentalmente – che chi discuta su Internet, anche di politica, sia più solo o sfigato di chi lo faccia al bar o nelle piazze. Il dibattito si trascina stancamente. Mentre l’ex Casaleggio Enrico Sassoon, fresco di lettera al Corsera, sentenzia: «La democrazia digitale è un dato di fatto, esiste», Lerner continua con l’opposizione divano-politica: «Credete si possa comporre una lista elettorale da casa propria?». L’ex ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, prova a rimettere un po’ di ordine: «Internet rende i partiti molto più contendibili. Ma LiquidFeedback non farà le liste». Poi pronuncia parole inedite per uno studio televisivo: FOIA, open data… Ma ormai il cammino della trasmissione è segnato. E procede su due binari, entrambi deragliati. Il primo è l’idea che LiquidFeedback non si possa usare perché gli italiani non hanno Internet, e in ogni caso non sanno usarlo (argomento che presta il fianco a una facile replica: se il problema è quello, e non il software, allora semmai c’è una buona ragione in più per azzerare davvero il digital divide). Il secondo è del direttore del Fatto, Antonio Padellaro, secondo cui la politica attuale fa così schifo che tutto sommato la democrazia digitale non potrà essere molto peggio (il problema è, per rimanere al livello della battuta di Padellaro, che al peggio non c’è mai fine). Come ammazzacaffè arriva Sassoon che, nell’ennesima lamentela contro le dicerie sui suoi rapporti coi poteri forti sparse ai quattro venti in rete, sembra augurarsi l’intervento della postale e della giustizia per chiudere tutti i siti dei complottisti – o almeno per far sparire gli articoli incriminati. «Ho paura che l’esaltazione del miracolo della democrazia digitale…», attacca Lerner con una preoccupazione finalmente condivisibile, ma la frase si ingarbuglia, si mischia ad altre voci e frasi, e finisce con un parallelo (tragico) con Fiorito che ha «preso le preferenze». Cambio canale giusto in tempo per vedere Matteo Renzi cercare di indovinare una frase su un tabellone in stile Ruota della Fortuna

Vespa cerca di aiutare Renzi durante un minuto di puro imbarazzo

Vespa cerca di aiutare Renzi durante un minuto di puro imbarazzo

quindi – in un simile contesto – pronunciare (di nuovo, l’aveva già fatto inaugurando la sua campagna per le primarie) la parola magica (la stessa pronunciata da Gentiloni, renziano): FOIA. Smarrimento in studio. Poi mi accorgo che è online la prima prima dell’Huffington Post Italia. L’occhio, è deformazione professionale, si posa su un titolo: «Si è #arenata la Polverini». Svolgimento: «La rete non perdona, non dimentica: #arenata è l’hashtag – centratissimo – che il popolo di twitter ha dedicato alle dimissioni di Renata Polverini». E mi torna in mente quello che avevo scritto in un tweet riguardo alla puntata de l’Infedele:  «i dibattiti televisivi a tema Internet hanno sempre un tocco surreale, come venissero da un altro mondo». Non solo quelli, penso prima di andare a letto.

7 pensieri su “Da un altro mondo

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  2. Secondo me non è “straw man argument”, ma “straw tail argument”, rende meglio l’idea di cosa sta succedendo , un governo “a sua insaputa”. Poi parlano di Internet e pensano , per essere visibili bisogna avere qualcosa da dire , e TUTTO rimane in rete.

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