Quella “sensazione di completo e disumano abbandono” negli OPG italiani.

Un paio di settimane fa il senatore Ignazio Marino ha denunciato lo stato di degrado di diversi ospedali psichiatrici giudiziari del nostro Paese. Oggi è disponibile la relazione completa della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale. Eccone la parte più agghiacciante, ovvero il resoconto del sopralluogo dell’11 giugno 2010 alla struttura di Barcellona Pozzo di Gotto (ME):

L’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), ha sede in via Vittorio Madia n. 31, all’interno di una struttura la cui costruzione è terminata nell’anno 1914, ed ospita persone di sesso maschile sottoposte a misure di sicurezza. Il direttore dell’ospedale si identifica nel Dott. Nunziante Rosania, il quale, contemporaneamente, ricopre la carica di direttore di istituto penitenziario, non essendosi ancora verificato, nella regione Sicilia, il passaggio delle competenze sanitarie al Servizio Sanitario Nazionale, così come previsto dalla normativa vigente. L’ospedale consta di 8 sezioni, vari portici antistanti i reparti, diversi viali, una cappella e circa 145 celle di degenza.

All’atto del sopralluogo il direttore non era presente e la delegazione parlamentare, pertanto, veniva coadiuvata dal vice-direttore della polizia penitenziaria, Dott.ssa Giselda Scalera, la quale, a specifica richiesta, asseriva che in quel momento, all’interno della struttura, erano presenti: 329 degenti; circa 45 appartenenti alla polizia penitenziaria, su un organico disponibile di 120 agenti e sottufficiali; un medico; due infermieri professionali; un educatore. In merito, si rileva l’assenza di un responsabile medico, nonchè l’assenza di figure sanitarie corrispondenti a psichiatri e psicologi.

Il sopralluogo aveva inizio nel II° reparto, nel quale erano ricoverate 54 persone, caratterizzate da peculiare pericolosità sociale. Le stanze/celle di degenza, tutte munite di grate alle finestre ed alle porte di ingresso, spioncini, bagno, etc., contavano ben 9 posti letto. In tutti gli ambienti emergeva una situazione di degrado derivante dalle pessime condizioni strutturali ed igienico-sanitarie, dovute a: pareti e soffitti con intonaci sporchi e cadenti; porte e finestre con vari vetri incrinati, tali da costituire pericolo per gli ospiti; evidenti macchie di umidità e muffe; presenza di sporcizia dovunque; presenza di letti metallici con spigoli vivi, vernice scrostata e ruggine; pavimenti danneggiati in vari punti, sì da costituire ricettacolo di polveri e batteri; coperte e lenzuola strappate, sporche ed insufficienti. Ovunque si avvertiva un lezzo nauseabondo per la presumibile presenza di urine sia sul pavimento che sugli effetti letterecci. Gli armadietti apparivano talvolta divelti ed arrugginiti. L’unico servizio igienico, di circa 1 mq, risultava privo di impianto doccia.

All’interno della stanza contraddistinta dal n. 4, munita di letti particolari che presentavano un foro in corrispondenza del bacino, veniva rinvenuto il sig. Caretto Salvatore. Questi era nudo; coperto da un lenzuolo; in regime di contenzione attuata mediante costrizione a letto con una stretta legatura con garza, sia alle mani che ai piedi, che gli impediva qualsiasi movimento. L’internato presentava, altresì, un vistoso ematoma alla zona cranica parietale. In merito, si prendeva visione del registro dei trattamenti di contenzione dal quale emergeva che questi non era indicato (veniva acquisita copia del diario clinico del paziente e del registro dei trattamenti).

L’ispezione si estendeva ad altri reparti, in particolare al III°, di recente ristrutturazione, che presentava pavimenti, rivestimenti, intonaci, etc. in buone condizioni, anche se si notava qualche vetro incrinato ed un impianto antincendio di dubbia funzionalità. Il IV° reparto risultava in disuso e quindi non erano presenti degenti, mentre veniva rilevata l’esistenza di un’ infermeria il cui accesso era impedito da una porta chiusa a chiave; di detta infermeria, all’interno della quale vi era un vetusto apparecchio radiografico, nessuno è risultato avere la gestione.

Da una simulazione eseguita sul posto, emergeva che non era possibile effettuare un elettrocardiogramma d’urgenza e, al riguardo, gli astanti riferivano che gli ospiti in preda a crisi cardio-respiratorie venivano inviati al pronto soccorso del vicino ospedale civile di Barcellona Pozzo di Gotto. Nel V° reparto, verosimilmente ristrutturato, trovavano sede anche di 2 ambulatori. Nell’VIII° reparto, in condizioni generali leggermente migliori, vi era la mensa.

Il servizio delle pulizie, apparso manchevole nel corso dell’intero sopralluogo, sarebbe demandato agli stessi ospiti; il cambio delle lenzuola sarebbe settimanale ed il vitto assicurato da una ditta esterna. Per quanto attiene alla sicurezza degli ambienti di lavoro, ad eccezione del terzo reparto di recente ristrutturazione, la stessa è da ritenersi assolutamente carente e precaria.

In generale, durante il sopralluogo emergeva il sovraffollamento degli ambienti, l’assenza di cure specifiche, l’inesistenza di qualsiasi attività educativa o ricreativa e la sensazione di completo e disumano abbandono del quale gli stessi degenti si lamentavano. I degenti, nella assoluta indifferenza, oltre ad indossare abiti vecchi e sudici, loro malgrado, si presentavano sporchi e maleodoranti.

Penso si commenti da sé. Per chi volesse leggere l’intera relazione è scaricabile da qui.

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