Quella “sensazione di completo e disumano abbandono” negli OPG italiani.

Un paio di settimane fa il senatore Ignazio Marino ha denunciato lo stato di degrado di diversi ospedali psichiatrici giudiziari del nostro Paese. Oggi è disponibile la relazione completa della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale. Eccone la parte più agghiacciante, ovvero il resoconto del sopralluogo dell’11 giugno 2010 alla struttura di Barcellona Pozzo di Gotto (ME):

L’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), ha sede in via Vittorio Madia n. 31, all’interno di una struttura la cui costruzione è terminata nell’anno 1914, ed ospita persone di sesso maschile sottoposte a misure di sicurezza. Il direttore dell’ospedale si identifica nel Dott. Nunziante Rosania, il quale, contemporaneamente, ricopre la carica di direttore di istituto penitenziario, non essendosi ancora verificato, nella regione Sicilia, il passaggio delle competenze sanitarie al Servizio Sanitario Nazionale, così come previsto dalla normativa vigente. L’ospedale consta di 8 sezioni, vari portici antistanti i reparti, diversi viali, una cappella e circa 145 celle di degenza.

All’atto del sopralluogo il direttore non era presente e la delegazione parlamentare, pertanto, veniva coadiuvata dal vice-direttore della polizia penitenziaria, Dott.ssa Giselda Scalera, la quale, a specifica richiesta, asseriva che in quel momento, all’interno della struttura, erano presenti: 329 degenti; circa 45 appartenenti alla polizia penitenziaria, su un organico disponibile di 120 agenti e sottufficiali; un medico; due infermieri professionali; un educatore. In merito, si rileva l’assenza di un responsabile medico, nonchè l’assenza di figure sanitarie corrispondenti a psichiatri e psicologi.

Il sopralluogo aveva inizio nel II° reparto, nel quale erano ricoverate 54 persone, caratterizzate da peculiare pericolosità sociale. Le stanze/celle di degenza, tutte munite di grate alle finestre ed alle porte di ingresso, spioncini, bagno, etc., contavano ben 9 posti letto. In tutti gli ambienti emergeva una situazione di degrado derivante dalle pessime condizioni strutturali ed igienico-sanitarie, dovute a: pareti e soffitti con intonaci sporchi e cadenti; porte e finestre con vari vetri incrinati, tali da costituire pericolo per gli ospiti; evidenti macchie di umidità e muffe; presenza di sporcizia dovunque; presenza di letti metallici con spigoli vivi, vernice scrostata e ruggine; pavimenti danneggiati in vari punti, sì da costituire ricettacolo di polveri e batteri; coperte e lenzuola strappate, sporche ed insufficienti. Ovunque si avvertiva un lezzo nauseabondo per la presumibile presenza di urine sia sul pavimento che sugli effetti letterecci. Gli armadietti apparivano talvolta divelti ed arrugginiti. L’unico servizio igienico, di circa 1 mq, risultava privo di impianto doccia.

All’interno della stanza contraddistinta dal n. 4, munita di letti particolari che presentavano un foro in corrispondenza del bacino, veniva rinvenuto il sig. Caretto Salvatore. Questi era nudo; coperto da un lenzuolo; in regime di contenzione attuata mediante costrizione a letto con una stretta legatura con garza, sia alle mani che ai piedi, che gli impediva qualsiasi movimento. L’internato presentava, altresì, un vistoso ematoma alla zona cranica parietale. In merito, si prendeva visione del registro dei trattamenti di contenzione dal quale emergeva che questi non era indicato (veniva acquisita copia del diario clinico del paziente e del registro dei trattamenti).

L’ispezione si estendeva ad altri reparti, in particolare al III°, di recente ristrutturazione, che presentava pavimenti, rivestimenti, intonaci, etc. in buone condizioni, anche se si notava qualche vetro incrinato ed un impianto antincendio di dubbia funzionalità. Il IV° reparto risultava in disuso e quindi non erano presenti degenti, mentre veniva rilevata l’esistenza di un’ infermeria il cui accesso era impedito da una porta chiusa a chiave; di detta infermeria, all’interno della quale vi era un vetusto apparecchio radiografico, nessuno è risultato avere la gestione.

Da una simulazione eseguita sul posto, emergeva che non era possibile effettuare un elettrocardiogramma d’urgenza e, al riguardo, gli astanti riferivano che gli ospiti in preda a crisi cardio-respiratorie venivano inviati al pronto soccorso del vicino ospedale civile di Barcellona Pozzo di Gotto. Nel V° reparto, verosimilmente ristrutturato, trovavano sede anche di 2 ambulatori. Nell’VIII° reparto, in condizioni generali leggermente migliori, vi era la mensa.

Il servizio delle pulizie, apparso manchevole nel corso dell’intero sopralluogo, sarebbe demandato agli stessi ospiti; il cambio delle lenzuola sarebbe settimanale ed il vitto assicurato da una ditta esterna. Per quanto attiene alla sicurezza degli ambienti di lavoro, ad eccezione del terzo reparto di recente ristrutturazione, la stessa è da ritenersi assolutamente carente e precaria.

In generale, durante il sopralluogo emergeva il sovraffollamento degli ambienti, l’assenza di cure specifiche, l’inesistenza di qualsiasi attività educativa o ricreativa e la sensazione di completo e disumano abbandono del quale gli stessi degenti si lamentavano. I degenti, nella assoluta indifferenza, oltre ad indossare abiti vecchi e sudici, loro malgrado, si presentavano sporchi e maleodoranti.

Penso si commenti da sé. Per chi volesse leggere l’intera relazione è scaricabile da qui.

I nostri parlamentari: assenze, attività e voti ribelli.

Quali e quanti dei nostri deputati e senatori passano le loro giornate facendo effettivamente i deputati e i senatori? 

OpenParlamento risponde alla nostra (legittima) domanda. 

1. Le assenze

Per quanto riguarda le assenze, calcolate come percentuale di votazioni elettroniche a cui senatori e deputati hanno preso parte in Aula rispetto al totale, i risultati più interessanti sono i seguenti.

Senato

Le prime sei posizioni sono occupate da senatori a vita, tra cui Rita Levi Montalcini e Sergio Pininfarina, che non si sono presentati ad alcuna delle 2286 votazioni elettroniche finora tenutesi durante la Legislatura. Sempre assente anche Oscar Luigi Scalfaro, che però figura “in missione” durante 105 votazioni. Una presenza per Francesco Cossiga; 276 per Giulio Andreotti (assente, dunque, nell’87,84% delle votazioni).

Assenze Senato

Tolti i senatori a vita, i 50 più assenti sono così ripartiti:

  • 29 del PD
  • 7 dell’IDV
  • 6 del PDL
  • 4 dell’UDC-SVP
  • 3 del Gruppo Misto
  • 1 della Lega Nord

In sostanza, 4 senatori su 5 appartengono all’opposizione, e solamente 7 su 50 alla maggioranza di Governo. L’unico senatore “assenteista” della Lega Nord figura al ventottesimo posto, con un tasso di assenze del 31,67%. Tre appartengono al Gruppo Misto.

Alcuni nomi noti? Emma Bonino, assente al 78,61% delle votazioni; e poi, a seguire, Umberto Veronesi (65,97%), Franco Marini (60,85%), Renato Schifani (57,31%) e Vannino Chiti (56,08%).

Camera 

Risultati degni di nota anche alla Camera dei Deputati. Ai primi posti della non proprio ambita classifica figurano, infatti, diversi nomi di spicco della politica italiana. Ad esempio occupa il quinto posto l’avvocato del Premier Niccolò Ghedini, assente al 73,41% delle 4600 votazioni tenutesi a Montecitorio. Settimo è Massimo D’Alema, con il 68,28% di assenze; decimo il neosegretario del PD Pierluigi Bersani (67,24%), che batte anche in questa gara l’ex rivale Dario Franceschini, sedicesimo con il 58,28% di assenze (a cui vanno però sommate 340 votazioni a cui non ha partecipato perché “in missione”). Al dodicesimo posto si piazza Antonio Di Pietro (66,22%), al diciassettesimo Fassino (55,63%) e al diciannovesimo l’ex presentatore televisivo Luca Barbareschi (53,46%). Paolo Guzzanti, Walter Veltroni (la dirigenza del PD è così al completo), Livia Turco e Giovanna Melandri arricchiscono l’inquietante quadro. Viene da pensare, a essere maliziosi, che molti dei deputati appena citati siano più presenti nei salotti televisivi che nelle aule parlamentari. 

assenze camera

Un altro dato degno di nota riguarda la distribuzione delle assenze. Questa volta PD e PDL piazzano tre deputati a testa nelle prime dieci posizioni (vince, straordinariamente, il Gruppo Misto con quattro). Considerando i primi 50, tuttavia, si nota nuovamente una prevalenza del PD (20 deputati), immediatamente seguito dal PDL (15 deputati). Più staccati il Gruppo Misto (7), l’UDC (5) e l’IDV (3). 

Nessun deputato della Lega Nord figura tra i primi 50 più assenti. Per trovare un leghista bisogna scendere fino al cinquantanovesimo posto, occupato da Ettore Pietro Pirovano, con un tasso di assenteismo pari al 34,98% delle votazioni. 

2. L’indice di attività

OpenParlamento ci fornisce anche un dato circa l’indice di attività di senatori e deputati. Come riporta il sito, si tratta di “un indice puramente quantitativo che prende in esame il numero e la tipologia di atti prodotti dai parlamentari in modo da poterli confrontare tra di loro”. L’indice assume un valore compreso tra un zero (minimo) e dieci (massimo).

Più nel dettaglio, bisogna precisare che

  • l’indice non considera gli emendamenti presentati e i lavori nelle commissioni
  • gli atti compiuti vengono pesati in modo diverso a seconda al lavoro necessario per la loro produzione e gestione sino alla approvazione finale. Qui tutti i dettagli.
  • l’indice è puramente quantitativo, e non permette di trarre conclusioni sulla qualità politica del lavoro svolto dai parlamentari
  • chi ricopre incarichi istituzionali o di capogruppo per consuetudine presenta un numero limitato di atti

Senato

I primi dieci posti sono occupati da 4 senatori a testa di PD e IDV. I due rimanenti posti sono assegnati, uno ciascuno, a PDL e UDC-SVP.

Al vertice della classifica è la senatrice del PD Donatella Poretti (indice: 10), che risulta prima firmataria di 56 disegni di legge, 2 mozioni, 16 interrogazioni a risposta orale e ben 146 interrogazioni a risposta scritta. Il confronto con l’attività di chi ne occupa il fondo è impietoso. Prendiamo ad esempio Gaetano Quagliarello, 259° con un indice di 0,88: il senatore del PDL risulta primo firmatario di solamente 2 disegni di legge e 2 interrogazioni a risposta scritta. O ancora si prenda Marco Follini, senatore del PD al 271° posto, primo firmatario unicamente di 2 disegni di legge. Su valori simili si attestano Lamberto Dini, Giuseppe Ciarrapico, l’ex portavoce di Prodi Silvio Emilio Sircana e Francesco Rutelli (230°). Peggio di tutti questi fa Marcello Dell’Utri, 301° su 322 senatori, con un indice pari a 0,22 guadagnato grazie a 1 interrogazione a risposta scritta, unico atto parlamentare di cui risulta primo firmatario.

senato attività

Per quanto riguarda la distribuzione dell’attività per partito, i primi 50 posti sono così suddivisi:

  • 29 al PD
  • 12 all’IDV
  • 5 al PDL
  • 4 all’UDC-SVP

Tra di essi, nessun nome ricorrente su quotidiani e telegiornali. Anche in questa classifica, inoltre, non figura alcun senatore della Lega. Tra i quali il più attivo è Sergio Divina, al 61° posto con un indice pari a 3. Degno di nota è anche che ben 45 dei 50 senatori più attivi appartenga all’opposizione. 

Camera

Per quanto riguarda la Camera, i primi quattro posti della classifica dei deputati più attivi sono occupati da parlamentari del PD: Maria Antonietta Farina Coscioni (10), Rita Bernardini (9,77), Elisabetta Zamparutti (9,11), Maurizio Turco (8,49). 

camera attività

La ripartizione per partito dei primi 50 evidenzia una maggiore attività dei parlamentari del PDL (15) e della Lega (6) rispetto al Senato. Primeggia tuttavia ancora l’opposizione, con 21 deputati del PD, 4 dell’IDV e 4 dell’UDC. Da segnalare una netta differenziazione nell’attività nell’IDV, molto più marcata al Senato che alla Camera. 

Diversamente che al Senato, ai primi posti figurano alcuni nomi di spicco. Antonio Di Pietro, ad esempio, è 17° (indice: 5,45), essendo primo firmatario, tra gli altri, di 36 disegni di legge, 9 mozioni, 15 interpellanze e 47 interrogazioni a risposta scritta. E questo nonostante il già menzionato tasso di assenze pari al 66,22% delle votazioni. Livia Turco è 25° (5,09), mentre al 34° posto si trova la discussa parlamentare del PD Paola Binetti (4,54), di cui da molte parti si è chiesto l’allontanamento dal partito a causa delle posizioni tenute in tema di laicità dello Stato. 

E la coda?  Tolti ministri e capigruppo, non significativi data la metodologia di costruzione dell’indice, restano Matteo Colaninno e Maurizio Lupi (0,94), Furio Colombo (0,97, forse troppo impegnato dall’attività giornalistica sul Fatto Quotidiano), Luca Barbareschi (1,04), Marco Minniti (1,12) e Bruno Tabacci (1,17), tutti oltre il 400° posto su 630 disponibili. 

3. I voti ribelli

Un ultimo interessante dato riguarda i voti ribelli. Ribelle, si apprende su OpenParlamento, viene considerato chi “esprime un voto diverso da quello del gruppo parlamentare a cui appartiene”. Un indicatore “puramente quantitativo”, dunque, che indica “il grado di ribellione alla “disciplina” del gruppo”.

Senato

Alle recenti primarie del PD si è parlato di un partito “in cerca di identità”. E se ne è parlato a ragione. A Palazzo Madama, infatti, tra i 100 senatori maggiormente ribelli ben 79 sono del Partito Democratico. Tra i più agguerriti spicca Donatella Poretti, già menzionata in quanto senatrice maggiormente attiva: buona parte della propria attività (ben 121 voti) è tuttavia condotta in senso difforme rispetto alle indicazioni del partito. Altre figure di rilievo sono Gerardo D’Ambrosio (106 voti contrari alla linea del partito), Felice Casson (86 voti), Marco Follini (66, evidentemente convinto della sua appartenenza al PD, ma non troppo), Silvio Sircana (65 voti) e il candidato outsider alla segreteria nazionale Ignazio Marino, che ha votato “da ribelle” ben 56 volte: non sorprende, dunque, che non sia stato eletto.  

ribelli senato

Tutti gli altri partiti manifestano una coesione ben superiore. Tra i primi 100 figurano infatti solamente 9 ribelli del PDL, 7 dell’UDC e 5 dell’IDV. Ancora una volta è degno di nota il dato della Lega Nord: nessun ribelle. Chi ha manifestato con i propri voti un maggiore dissenso è Rossana Lidia Boldi, e lo ha fatto solamente 19 volte. 

Camera

A Montecitorio il dato non è sostanzialmente diverso da quello di Palazzo Madama. Il PD continua a contare il maggior numero di voti ribelli, occupando i primi cinque posti in classifica, 14 dei primi 20 posti, e 63 dei primi 100 posti. Alcuni dati degni di particolare attenzione:

1. il maggior ribelle del PD alla Camera è l’editorialista del Fatto Quotidiano Furio Colombo, che conta ben 418 voti contrari alle indicazioni del partito. 

2. Paola Binetti, di cui tanto si è discusso proprio in tema di “voti ribelli”, al punto di spingere i vertici del PD a chiedersi se fosse opportuno mantenerla o meno tra i ranghi dei propri parlamentari, ha votato in modo difforme solamente 89 volte; ben 51 colleghi di partito hanno fatto peggio di lei. In generale, si trova all’85° posto. 

3. Alla luce di quanto appena detto, come mai non c’è alcun “caso Colombo”, mentre invece del “caso Binetti” si è sentito parlare a più riprese negli ultimi due anni?

ribelli camera

Per quanto riguarda gli altri partiti si registra una maggiore indiciplina dell’UDC (16 ribelli nei primi 100), mentre “nella norma” sono i risultati di PDL (13 su 100) e Idv (7 su 100). 

La Lega si conferma ancora una volta il partito più coeso in quanto a votazioni, non presentando nemmeno un ribelle nelle prime 100 posizioni. 

Conclusioni

Dai dati diffusi da OpenParlamento quali conclusioni si possono trarre circa i nostri parlamentari?

1. La Lega Nord è il partito più presente e coeso. Tuttavia, non è tra i più attivi sul fronte delle proposte in termini di disegni di legge, mozioni e interrogazioni orali e scritte. Fronte su cui invece prevalgono le attività di PD e IDV.

2. Tra i più presenti e  attivi nei due rami del Parlamento non figurano i nomi dei politici più noti, che si distinguono anzi per alti tassi di assenteismo e bassa attività parlamentare.

3. Il Partito Democratico conta un preoccupante numero di “voti ribelli” e dunque risulta non solo nelle dichiarazioni (contrastanti) della propria dirigenza, ma anche nei fatti dell’attività parlamentare, un partito senza una identità precisa.   

Per rispondere in modo più preciso alla nostra domanda iniziale (“quali e quanti dei nostri deputati e senatori passano le loro giornate facendo effettivamente i deputati e i senatori”), tuttavia, è necessaria una analisi statistica, che mi accingo a intraprendere. 

Ai prossimi giorni i risultati.

[Un ringraziamento a Marcello Fedi per la collaborazione.]

[Instant Blogging] Resoconto del confronto tra i tre candidati alla segreteria del PD su YouDem.

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(15:04) Inizia il confronto. Con una introduzione di Walter Verini, direttore di YouDem. Conduttori del dibattito saranno Maurizio Mannoni e Tiziana Ferrario.

(15:09) Mannoni descrive le regole del dibattito: 12 domande ciascuno, 2 minuti per rispondere. L’alternanza delle risposte è stata “estratta a sorte”. Non sono previste interruzioni e repliche. Durata del dibattito: novanta minuti.

(15:12) Prima domanda: quale idea di assistenza sanitaria

(Marino) La sanità è misura dell’uguaglianza di un Paese. Oggi un milione di persone ogni anno vanno dal sud al nord per farsi curare. Un esodo. Bene il federalismo dunque, ma la politica deve smetterla di nominare i primari. Serve una rimodernizzazione degli ospedali. E’ più importante un buon pronto soccorso o il ponte sullo stretto di Messina? No a Bassolino a Loiero, simboli dei fallimenti del passato.

(Bersani) L’istruzione, la salute e la sicurezza non possono essere affidati al mercato. Deve esserci una programmazione pubblica. E una risposta universalistica. Questa è una battaglia prioritaria per il partito. Io sono per il rinnovamento sui governi regionali e locali; tuttavia non si devono cancellare le eccellenze del passato, ma devono essere fatte fruttare. 

(Franceschini) Il servizio sanitario nazionale è “silenziosamente messo in discussione dalla destra”. E’ questo che significa l’espressione di Sacconi “pilastro privato”. Bisogna difendere questi diritti acquisiti. La politica deve uscire dalla sanità, è vero. Ma non in senso generico. Bisogna rompere alla radice il meccanismo. Nelle regioni governate del PD i direttori generali delle ASL non verranno nominati con criteri politici.

(15:19) Seconda domanda: cosa sono state per voi queste primarie?

(Bersani) Ne siamo tutti e tre orgogliosi. Forse c’è stato qualche barocchismo, che andrà corretto. Io credo che le regole statutarie vadano rispettate e nel caso nessun candidato raggiunga il 50% ci sarà il ballottaggio. Poi c’è la politica: e dunque credo che sarebbe corretto votare il candidato che ha preso più voti. Ma i cittadini risolveranno da loro questo problema.

(Franceschini) Una grande prova di democrazia, di apertura e trasparenza. E’ la dimostrazione che non abbiamo paura dei nostri elettori. Se sarò rieletto non toglierò mai il diritto ai nostri elettori di eleggere il segretario. No al meccanismo barocco del ballottaggio: chi prenderà più voti alle primarie dovrà essere il segretario. Il resto non conta. L’aveva detto anche Marino in una lettera il 5 ottobre. Spero non abbia cambiato idea.

(Marino) Io credo che le regole non si cambino in corsa. Forse perché ho una formazione culturale anglosassone. Il tema del cambiamento delle regole si poteva porre domenica alla Convenzione. Non si fa un accordo in tre davanti a un caffè. Ho interpellato le persone: tutti la pensano come me. Si devono rispettare le regole. A me non interessa fare l’ago della bilancia nel confronto.

(15:27) Terza domanda: disegno di legge sull’omofobia. Binetti deve uscire o restare nel PD? E’ opportuno definire dei temi a cui si può lasciare ai parlamentari il voto secondo coscienza?

(Franceschini) Non ci sono più partiti identitari. Dunque bisogna far convivere le diversità. Rispettarle, e fare la sintesi. Questo non significa un partito che non decide. Si può votare su alcune decisioni. Ma una volta assunta la decisione va rispettata. Il caso Binetti non c’entra nulla: questo non è un tema eticamente sensibile. Si trattava di una norma sacrosanta in nome della lotta contro ogni discriminazione. Questo è un principio fondativo del PD. E penso dunque ci sia un problema serio. 

(Marino) Per far vivere insieme le diverse anime del PD serve un “metodo di lavoro laico”: ci si siede attorno a un tavolo, si esprimono le proprie idee e poi si prende una decisione a voto. E cita il caso di Dorina Bianchi, che ha votato insieme alla destra per l’indagine conoscitiva sulla Ru486. Bisogna definire l’identità del nostro partito, ma se non si crede nei suoi principi fondativi significa che non si può stare all’interno del partito. Quelli che non si sentono laici dentro il cuore perché non li lasciamo a casa?

(Bersani) Ci vuole un impasto di cultura che consegni il “bambino nuovo” alle nuove generazioni. E per fare questo servono delle regole. Ad esempio: vale il vincolo di maggioranza salvo deroghe che devono essere stabilite da un organo statutario. E’ ora di darci rapidamente questa struttura di regole.

(15:33) Quarta domanda: Binetti dentro o fuori? Coppie gay? Eutanasia? Testamento biologico? Franceschini ironizza: “tutto in due minuti!”

(Marino) Io sono per un partito di posizioni chiare e nette. Testamento biologico: diritto di scelta delle terapie, come scrisse Aldo Moro. Coppie civili: modello sono le civil partnership dell’Inghilterra. Favorevole all’adozione ai single, purché con regole che tengano conto dell’interesse esclusivo del bambino. E sono disponibile a ridiscutere la depenalizzazione delle droghe leggere. Sull’eutanasia: sono contrario come uomo, medico e politico. Sulla Binetti? Il problema andava risolto due anni fa, quando votò contro la fiducia al governo di Prodi.

(Franceschini) Favorevole al riconoscimento dei diritti alle unioni civili (legge sui “DICO”). Ma no all’adozione di figli a single e coppie omosessuali: i bambini hanno diritto alla situazione naturale, ovvero avere un padre e una madre. Caso Englaro: non si deve alzare un muro, come fa Ignazio. Bisogna fare sintesi. Di fronte alla scelta di lasciarsi morire (che è diverso dal “far morire”), quella scelta va affidata alla volontà del singolo, non allo Stato. Che deve fermarsi fuori dalla camera di chi sta morendo.

(Marino replica) La sintesi si afferma non dicendo che alcuni temi non sono negoziabili.

(Bersani) Legge sulle unioni civili: necessaria. Come muoio io non può deciderlo né Quagliarello né Gasparri. Non è possibile che il 50% degli italiani decida come deve morire l’altro 50%. La volontà del protagonista deve venire prima. Facciamo evolvere i diritti personali e civili. Il dolore della donna non può essere il metodo utilizzato per la prevenzione all’aborto.

(15:42) Quinta domanda: riforma Gelmini della scuola.

(Bersani) Io quando sento parlare di Gelmini vedo Tremonti. Tutte queste proposte si riducono a riduzione dell’offerta formativa e tagli. Questo non ci va bene: bisogna cambiare da capo, perché in questo modo si va al disastro. Bisogna fermarsi e iniziare una seria discussione parlamentare.

(Marino) Le responsabilità sono del centrodestra: non è vero come dice la Gelmini che si vuole il merito. Che ha cambiato la mia legge sul giudizio alla pari. E reintrodotto il “massimo della discrezionalità”. L’Italia ha lo 0,05% di docenti universitari di ruolo contro il 16% dell’Inghilterra. Perché? Vogliamo fare accomodare in pensione qualche professore che non produce nulla dagli anni ’80? La cultura del merito ancora fa paura; noi la dobbiamo introdurre ovunque.

(Franceschini) Sulla scuola c’è la massima distanza tra le parole (merito) e i fatti del governo. Tra ciò che realmente avviene e gli annunci ad effetto. Dobbiamo denunciare questo tradimento totale del settore che ci riguarda di più. Un tradimento che si ripercuote sull’economia italiana, che esporta intelligenza. Bisogna investire nella scuola e nella formazione. Al merito si deve accompagnare l’uguaglianza. 

(15:48) Mannoni: “Forse mi sono distratto ma ancora non avete pronunciato il nome Berlusconi”. Marino: “perché noi parliamo del futuro”. Dunque sesta domanda: si può dialogare con Berlusconi su alcuni temi? Ad esempio, la giustizia.

(Franceschini) Non ne posso più del ritornello del dialogo. Non c’è spazio per dialogo con chi calpesta le regole. Il nostro dovere, in questa emergenza, è di fare l’opposizione. Io non so cosa sia questo “antiberlusconismo”. Gli elettori chiedono “più opposizione, non meno opposizione”. Non ci sarà nessun “editorialista” “radical-chic” che noi dovremmo fare opposizione con “prudenza”. Io mi impegno per una opposizione più ferma e intransigente, contro la stagione degli inciuci che dodici anni fa ha impedito di addivenire a una legge sul conflitto di interessi. 

(Bersani) Noi questa legislature l’abbiamo iniziata chiacchierando con Berlusconi, e credo sia stato un errore. Ma credo che sia in atto una deformazione del meccanismo democratico e parlamentare, insieme al mutismo dei problemi sociali, che non trovano spazio. Il nostro compito è di fare opposizione sul serio, e anche di lavorare per costruire un’altra possibilità per gli elettori. “Il più grande antiberlusconiano è quello che lo manda a casa”. Dobbiamo “disegnare una novità”. “Dire che non ci immaginiamo da soli, che non vogliamo fare da soli”. Serve una “grande alleanza” per battere Berlusconi. Nei cui problemi siamo sempre immersi. A noi interessano i problemi dei cittadini, questo è l’elemento di contrasto con Berlusconi. Bisogna mostrare che a fare gli interessi di Berlusconi agli italiani non viene in tasca niente.

(Marino) Può un Presidente del Consiglio rimanere in carica quando mostra un grandissimo disprezzo per il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale? Sulla giustizia bisogna non preoccuparci della separazione delle carriere, ma dare più risorse alla magistratura perché lavori meglio, con più tenacia. La magistratura deve rimanere un potere indipendente, lo dice la Costituzione. Per fare opposizione bisogna essere presenti in aula sempre; l’opposizione è una cosa seria e importante. E sul conflitto di interessi: la colpa è di chi era al governo (ad esempio, ricorda Marino, Franceschini e Bersani). 

(Franceschini replica) Sai che non ero nemmeno parlamentare.

(15:57) Settima domanda: cosa avreste fatto di diverso dal governo per la crisi economica?

(Marino) Il governo ha scritto una finanziaria vuota invece di trovare un sistema per sostenere i più deboli. Bisogna trovare altri soldi, per fare questo. E si trovano 1) tassando le rendite finanziarie, come viene fatto negli Stati Uniti. Inoltre bisognerebbe 2) tassare i grandi patrimoni (4-5 milioni di euro), come in Francia. E investire nelle energie rinnovabili, che creeranno in Europa oltre 2 milioni di posti di lavoro. E dire no al nucleare.

(Bersani) Uno che dice che la crisi è psicologica chiamerà gli psichiatri, e non farà di certo manovre anticrisi. E dunque le cose sono peggiorate. Serve 1) un sostegno ai redditi medio-bassi, anche per attivare i consumi; 2) un intervento nelle piccole imprese: dare attraverso fondi di garanzie pubblici il denaro direttamente alle piccole imprese; 3) un insieme di investimenti veri, un “grande piano di piccole opere” che possa essere fatto direttamente dai Comuni. Compreso il piano sull’economia verde. E se la prende con Marino: “io non ci penso neanche a fare il nucleare”. Noi sappiamo come stanno le cose: crisi finanziaria, crisi industriale, crisi occupazionale. Ci sarà nel prossimo anno un milione di disoccupati in più. E’ un delitto fare finta che questo problema non ci sia; un delitto di cui questo governo si prende la responsabilità.

(Franceschini) La colpa più grave? Non mettere in campo misure di emergenza. Si è preferita una risposta fatalistica. E non fare vedere le proteste dei precari, tramite il controllo dell’informazione. Le priorità sono per le fasce di povertà assoluta: un contributo di solidarietà sui redditi più alti. Un principio moralmente giusto. Un aiuto per i precari che non hanno un posto di lavoro, tramite assegno di disoccupazione. Da ultimo: una politica di incentivi all’economia verde. E lo voglio dire a Ignazio: “prova a mettere in campo le tue idee senza attribuire agli altri, da un piedistallo, idee che gli altri non hanno. Non è possibile che tu utilizzi costantemente questo argomento dialettico”.

(16:05) Ottava domanda: che tipo di segretario sarete? Provate a dare una motivazione forte a votarvi. Quale sarà la svolta che porterete?

(Bersani) Cambiamenti alla struttura del partito; al messaggio sociale (un partito che si rivolge prima di tutto alle fasce deboli); e un partito che si muova per una alleanza che sconfigga Berlusconi. Io non credo che il segretario sia un uomo solo: ci vuole una comunità pensante, con il baricentro nel territorio. E poi polemizza con Chiamparino, che si dice talmente deluso da quanto detto dai candidati che voterà, forse, scheda bianca: “Bisogna dare una mano, perché questo partito è l’unica speranza di questo Paese”.

(Franceschini) Io vorrei semplicemente che riconoscessimo di aver fatto degli errori, ma senza mettere in discussione il progetto ogni volta. E bisogna avere il coraggio di cambiare: il merito va applicato all’interno, oltre che richiesto all’esterno. Se rifarò il segretario una parte della mia futura squadra sarà fatta unicamente in base al merito, anche se sono persone che non conoscono nessuno di importante dentro il partito. “Io non avrei mai accettato di fare Bassolino capolista in una delle mie elezioni primarie”.

(Marino) Se vuole Dario glielo dico io perché i giovani non sono nella dirigenza: perché ci sono le “correnti” all’interno del partito. E queste correnti non vogliono il rinnovamento. Per questo andrebbero sciolte. Dobbiamo anche avere un rapporto diverso tra eletti ed elettori: devono esserci le primarie “sempre”; bisogna poter scegliere le persone che si vogliono candidare alle elezioni. Il problema della Binetti è un grosso problema, perché molti voterebbero come ha votato lei. E’ facile dire laicità e riempirsi la bocca a parole. 

(Franceschini interrompe) Quindi se sarai segretario il tuo modello sarà mandare fuori tutti quelli che non la pensano come te.

(Marino replica) No, votare a maggioranza. E sentirsi tutti vincolati a seguire la decisione presa a maggioranza.

(16:14) Nona domanda: le pensioni. E’ giunto il momento un ‘altra riforma?

(Franceschini) Bisogna creare un Paese in cui si pensa al futuro. Bisogna ricostruire il senso di una unità nazionale, e questo passa anche attraverso un patto generazionale. E’ giusto chiedere ai genitori di lavorare qualche anno in più se questo consente una tutela previdenziale ai loro figli.

(Marino) Bisogna rivedere l’età pensionabile. Perché in questi anni l’aspettativa di vita di una bambina è 85 anni. Non si possono utilizzare i parametri del secolo scorso. E rivederla con oculatezza: ad esempio, tenendo in considerazione la maggior fatica delle donne rispetto al mondo del lavoro. Inoltre, bisogna affrontare la grande piaga del precariato: ci vuole un contratto unico garantito a salario minimo garantito.

(Bersani) Le ultime norme fatte dal governo affrontano il tema dell’età pensionabile. Il tema non è l’allungamento dell’età pensionabile, ma chiedersi quale livello pensionistico ci sarà in futuro. E’ ora di riflettere sull’impianto del sistema pensionistico, che va aggiustato.

(16:21) Decima domanda: il tema delle alleanze. 

(Marino) Bisogna definire l’identità del PD. In pratica, significa: chi siamo? E poi: con chi stiamo? Bisogna attrarre verso di noi le forze di sinistra che si sono allontanate. Riportiamo verso di noi i 4 milioni di elettori ambientalisti, socialisti, radicali, prima di tutto. E poi preoccupiamoci delle alleanze. L’IDV è un alleato naturale. Per le posizioni sui condannati in Parlamento; sul testamento biologico; anche se a volte i toni sono esagerati. Non possiamo allearci con l’UDC se vota contro la legge sull’omofobia. I valori sono importanti. Il ragionamento non è sulle logiche elettorali: non voglio l’UDC per avere un assessorato in più.

(Franceschini) Bisogna difendere bipolarismo e alternanza di governo. Senza favorire un “grande centro” con cui allearci. Per poi scoprire che questo centro, sparito Berlusconi, si allea a destra e noi rimaniamo all’opposizione per 35 anni. Io non sono per correre da soli; la “vocazione maggioritaria” non significa prendere il 51% dei voti da soli; questa è una caricatura. Ma le alleanze devono essere fatte per governare, non per vincere le elezioni. 

(Bersani) Bisogna 1. rafforzarsi noi come partito, e rivolgerci a tutto l’arco del centrosinistra e ai popolari delusi da Berlusconi; 2. riaprire il cantiere dell’Ulivo: dialogo con gli ambientalisti; 3. aprirci a un progetto di alleanza di governo: UDC, Di Pietro… Bisogna preservare il bipolarismo ma senza accettare una legge elettorale in cui i Parlamentari non si possono scegliere: “possiamo sceglierci il segretario del PD ma non un Parlamentare”. 

(16:29) Undicesima domanda: diritti e doveri degli immigrati. Come rispondere all’esigenza di sicurezza degli italiani?

(Bersani) Gli immigrati sono una risorsa per tutto il Paese. E portano anche problemi, che si scaricano sui ceti popolari. Bisogna che quel carico venga distribuito anche sugli altri ceti sociali. Ci vogliono tuttavia limiti al pluralismo culturale: “no al burqa, perché la mia integrazione è guardarsi negli occhi”. 

(Marino) Su questo bisogna parlare con una voce sola. E cita passate dichiarazioni contradditorie di Franceschini, D’Alema, Bindi e Fassino. Al centro ci deve essere la dignità delle persone. Inoltre ci vogliono regole chiare. La Lega dice che bisogna respingere “e anche se muoiono in mare va bene”. Io dico invece che dal mare arrivano soltanto il 12% degli immigrati. Perché non diamo più risorse alla nostra polizia di frontiera? Diamo permessi di soggiorno temporanei per motivi di lavoro. E poi “chi nasce in Italia deve essere italiano”. E gli immigrati regolari devono avere anche un voto amministrativo, perché chi paga le tasse deve poter esprimersi.

(Franceschini) Bisogna dire con onestà che abbiamo fatto degli errori. Prima di tutto non abbiamo capito che i cittadini chiedevano che i fenomeni migratori avvenissero secondo le leggi e nel nome della sicurezza. Ci vuole fermezza contro la criminalità, ma bisogna anche spiegare le buone ragioni dell’accoglienza. E polemizza con Marino: “le due frasi erano solo apparentemente contradditorie. I respingimenti del centrosinistra erano stati fatti in modo diverso da quelli fatti dalla Lega”. 

(16:37) Ultima domanda: la libertà di informazione. Cosa proporreste di nuovo, ad esempio sul rapporto tra RAI e politica?

(Franceschini) Oggi la pluralità dell’informazione si svuota dal punto di vista sostanziale, anche se è salva dal punto di vista formale. Ad esempio quando il Premier chiede di non fare pubblicità su un giornale. Sulla RAI: anche qui ci sono delle responsabilità. Anche il nostro campo non ha lasciato libera la RAI in molte occasioni. Bisogna che le nomine del CdA non vengano più fatte dal Parlamento. Ci vuole un’unica nomina e non parlamentare.

(Bersani) La situazione è “assolutamente preoccupante”. E cita il caso del servizio di Mattino 5 che segue il giudice Mesiano. “Il 50% degli italiani non pagherà il canone RAI”, si auspica Berlusconi. Siamo arrivati a un punto limite. La riforma della RAI: servono norme contro le posizioni dominanti. Bisogna fare norme liberali che tutelino il diritto del cittadino a un’informazione plurale. E’ un problema di sistema, più che della sola RAI.

(Marino) E’ evidente che la libertà di informazione è a rischio. E cita Berlusconi che avrebbe minacciato “L’Avvenire”. Colpa della mancata legge sul conflitto d’interesse. Bisogna fare in modo di non trovarci in futuro con lo stesso problema che abbiamo oggi con la RAI: internet deve rimanere gratuito su tutto il territorio nazionale, poiché è il vero mezzo su cui si informano i giovani. Non ci deve essere domani un gruppo industriale che controlla l’informazione in rete. No alla legge di Alfano sull’equiparazione dei bloggers alla carta stampata (Ddl Pecorella-Costa). 

(Franceschini sbraita e chiede trenta secondi per una “informazione di servizio”) Io sono diventato parlamentare nel 2001, e ho iniziato nel gennaio del 2000. Io non ero in Parlamento quando non è stata fatta la legge sul conflitto d’interessi. Siccome ti candidi alla segreteria devi iniziare a usare il “noi”: noi abbiamo la responsabilità.

(16:46) Domanda extra della Ferrario: ci saranno altri confronti a tre? Anche in RAI?

(Marino) L’ho chiesto tre volte al giorno. Lo farei molto volentieri in RAI.

(Franceschini) Confermo la mia totale disponibilità. Non volevo farlo prima dell’11 ottobre perché la Convenzione è il primo momento in cui si confrontano gli iscritti.

(Bersani) Vediamo se i nostri elettori non ne hanno abbastanza. “Non possiamo diventare oggetto di chi volesse fare spettacolo con noi, perché un partito è una cosa seria”.

(16:48) Appello al voto dei tre candidati.

(16:55) Il confronto finisce sulle note degli U2.

Parlare con una voce sola, ma per smentirsi.

Era soltanto ieri quando, dal palco della Convenzione, i tre candidati alla leadership del PD richiamavano il partito all’unità. Tra i più convinti, Dario Franceschini, che, come ci ricorda la sua pagina ufficiale, ammoniva:

Dobbiamo dare agli elettori, a chi temeva lacerazioni e future scissioni, solo due garanzie. La prima che chiunque sarà eletto segretario il 25 ottobre, dal giorno dopo avrà sostegno leale degli altri. Restare uniti. Se io non sarò rieletto sarà così, e se invece il 25 ottobre decideranno di rieleggermi segretario, le prime due persone che chiamerò a lavorar con me saranno Bersani per le sue competenze economiche e Marino per le sue competenze scientifiche.

Poi una seconda garanzia: anche in questo momento di confronto dobbiamo riuscire a tenere distinte la nostra esigenze interna da quella esterna di parlare all’esterno con la stessa voce. Nessuno ci perdonerebbe se vedesse il più grande partito di opposizione che, impegnato nel confronto interno, dimenticasse di affrontare i problemi delle persone e del paese. Sui giornali andiamoci per portare le nostre proposte, non per litigare fra noi. Usiamo le sale riunioni per discutere, confrontiamoci, litighiamo, ma alla fine usciamo con una sola voce”.

Basta dare un’immagine litigiosa del partito. Restiamo uniti.

Passano poche ore, e l’ammonimento cade nel vuoto. Su Repubblica di oggi, infatti, si legge un botta e risposta tra D’Alema e Franceschini che manda in fumo tutti i buoni propositi espressi dal palco della Convenzione. Lo riporto testualmente:

Oggi è la volta di Massimo D’Alema. “Non voglio lo scontro con Franceschini. Ma è curioso che il segretario del mio partito, per andare sui giornali, debba attaccare me. Forse è una delle regioni per cui bisogna cambiare il segretario” dice l’ex ministro. Che torna alla convenzione di ieri: Definendo “un comizio” il discorso di Franceschini. “Ha detto che ci vuole più opposizione. Chi gliel’ha impedito? Con chi ce l’ha? Non si fa così”. Insiste D’Alema: “Non abbiamo fatto abbastanza opposizione? ci spieghi perché, non è che viene lì a protestare” […]. La replica di Franceschini. “D’Alema? E’ fantastico: dice che se verrò eletto io gli iscritti se ne andranno dal Pd, o rispondo che non è vero e lui dice che l’attacco”. 

Una spettacolarizzazione giornalistica, mi sono detto. Invece no. E’ lo stesso Dario Franceschini su Twitter Facebook a confermare la versione di Repubblica. Scrivendo:

France-fbInutile aggiungere che dopo pochi minuti la bacheca dell’attuale segretario si riempie di insulti a D’Alema e della delusione di quanti avevano creduto all’appello all’unità del partito lanciato soltanto il giorno prima.

Forse agli elettori del PD non resta che augurarsi che si realizzi al più presto la profezia di Ignazio Marino:

Questi dirigenti saranno spazzati via dalla storia perché il mondo è cambiato, non è più quello del secolo passato. E credo quindi che sarebbe molto più utile che tutti se ne facessero una ragione e cercassero di favorire il nuovo.

O questo, o un governo senza opposizione.