Le prossime elezioni non si vincono in Rete

Conosciamo il ritornello: «Le prossime elezioni si giocano in Rete». O, per dirla con Gianroberto Casaleggio, l’ideatore della «guerra» tra web e partiti: «Le prossime elezioni americane si vinceranno o si perderanno in Rete». Difficile sostenere ipotesi tanto nette, quando i dati riguardano una realtà così diffusa, multiforme. E quando i fattori in gioco – il peso delle notizie lette sui social media, dei programmi televisivi, delle circostanze contingenti, di imprevisti fuori e dentro la Rete – sono così tanti, e così intrecciati tra loro. Eppure due studi appena pubblicati sembrano incrinare la certezze di chi creda che Internet e i social media siano determinanti nell’indirizzare l’opinione pubblica. Il primo è del Pew Research Center, e sostiene che l’impatto delle strategie comunicative e delle campagne ‘social’ sugli orientamenti politici e le attività degli utenti bersaglio sia solo «modesto». In particolare, solo il 16% degli oltre 2.250 iscritti interpellati da Lee Rainie e Aaron Smith sostiene di aver cambiato parere su una questione politica dopo averne discusso o letto su un social network. Addirittura, il 9% dichiara di essere meno, e non più, politicamente «coinvolto». Eppure continuiamo a sentire ripetere che «più Rete uguale più partecipazione». Forse l’equazione andrebbe presa con un po’ di scetticismo. I dati riguardano gli Stati Uniti, certo – e quindi anch’essi meritano un certo scetticismo, prima di essere applicati alla realtà italiana. Tuttavia è qui che entra in gioco il secondo studio: il rapporto pubblicato dalla World Wide Web Foundation di Tim Berners-Lee. Nel Web Index 2012, un indicatore complesso che dettaglia il grado di penetrazione del digitale in termini infrastrutturali, ma anche socio-economici e politici, spicca una differenza sostanziale tra Stati Uniti e Italia proprio per quanto riguarda l’impatto politico di Internet sulla società. Nel caso degli States, il valore ottenuto è 92.54 su 100; per l’Italia, invece, solo 47.33 su 100. Se il dato della Web Foundation ha un qualche fondamento, l’idea che in Italia le cose vadano molto meglio che negli Stati Uniti rispetto a quanto documentato dai ricercatori del Pew è tutta da dimostrare. Quel che è certo è che Casaleggio ha torto quando sostiene che «la Rete è politica allo stato puro»: secondo lo studio del Pew, infatti, l’84% degli iscritti a social network dice di aver postato «poco o nulla» a carattere politico. Il che dovrebbe insegnarci anche ad apprezzare tutta la profondità del ‘Filtro‘: se la nostra bacheca pullula di contenuti politici, non significa che Facebook pulluli di contenuti politici, né tantomeno «la Rete». E non è detto che i numeri, come quelli forniti dalla collaborazione tra CNN e Facebook, abbiano un significato, né si traducano in voti. Ah, e il successo straordinario sui social media e sul web della chiacchierata di Obama con gli utenti di Reddit, così come la sua supremazia quantitativa nella presenza online, non ha impedito a Romney di avanzare nei sondaggi fino a raggiungere il pareggio e poi portarsi addirittura in vantaggio. Insomma, la questione è più complessa, molto più complessa, di quanto sembra. E i social media e la Rete, forse, non sono determinanti come dice il ritornello.

10 pensieri su “Le prossime elezioni non si vincono in Rete

  1. Ottimi spunti come al solito.
    Non ho ancora avuto il tempo di leggere con calma e approfonditamente il report della PEW Research, ma provo ad aggiungere alcuni spunti magari partendo dalla tua intervista ad Amenduni.
    E’ molto probabile che se intervistati gli utenti dei SN in Italia diano risposte non dissimili dagli statunitensi, ma credo anche che quando si parla di politica, gli utenti intendono quei programmi di cui discutete nell’intervista e dei quali non si cura più nessuno, tantomeno e ovviamente i partiti.
    In Italia però oggi abbiamo il discorso “casta” che in qualche modo fa parte dell’attuale dibattito politico e conseguentemente diventa tema di campagna elettorale. Penso sia a Grillo che a Renzi, ma anche all’uscita odierna di D’Alema (e noto l’altezzosità con cui ha trattato questi temi). Nella mia personale esperienza di utente facebook vedo spesso “girare” vari link (relativi a stipendi, pensioni, tasse, presunti scandali, ecc) condivisi da persone che si dicono estranee alle politica. Questi sono temi che le persone sentono molto, specie in questo momento, ma che i partiti stessi si rifiutano di considerare la politica, da cui l’odiosa etichetta anti-. Fenomeni come quello di “Siamo la gente, il potere ci temono” confermano la mia teoria. Sono istanze “dal basso” che prendono forma sgrammaticata e incoerente, ma che sono sintomo di un’esigenza che può definirsi assolutamente politica. Il problema che si pone, nei social, è quello dell’ascolto, dell’interpretazione e della conseguente risposta. I partiti per strani motivi non riescono ad ascoltare e quindi a interpretare e per ovvi motivi non possono rispondere. Ma sicuramente queste istanze sono rappresentative di quelle di una buona fetta della popolazione. Sicuramente trattare questi temi non è sufficiente dal punto di vista politico, ma in questa occasione non è oggetto di dibattito.
    A questa riflessione aggiungerei anche che in Italia la tv tradizionale ha perso sia seguito che credito a beneficio sia di internet che di Sky e simili che però offrono una fruizione radicalmente diversa. Ricordo che addirittura Sgarbi a Servizio Pubblico fece un’interessante osservazione in merito (il dibattito risultava palloso in quanto erano tutti stranamente d’accordo, ma Sgarbi fece una bella sparata sul finale che ora non ricordo).
    Questo per dire che la rete è politica e gli utenti a mio avviso manifestano pulsioni politiche, anche se èrobabilmente non discutono della posizione da mantenere in politica estera o della bontà del fondo salva stati.

    La “vincita” delle elezioni è un concetto relativo. Spesso si è detto che il vero vincitore delle elezioni è stato il partito x perchè ha ottenuto quell’x% che gli consente di. Preferisco sostenere il fatto che la rete sarà decisiva. E quindi ti propongo uno scenario ipotetico e ti pongo una domanda. Spegniamo la rete da qui al giorno dopo le elezioni. A che percentuale arriva il PD?

    • Pietro grazie della risposta, bellissima. Per quanto riguarda la tua domanda, io credo che quello che prenderà il Pd dipenderà da ciò che il Pd riuscirà a dire di se stesso. La Rete credo sia l’ultimo dei suoi problemi: il problema è che è un partito che non esiste, non è mai esistito e mai esisterà. Questo per gli elettori credo sia più importante.

    • QUOTE:”A questa riflessione aggiungerei anche che in Italia la tv tradizionale ha perso sia seguito che credito a beneficio sia di internet che di Sky e simili che però offrono una fruizione radicalmente diversa. Ricordo che addirittura Sgarbi a Servizio Pubblico fece un’interessante osservazione in merito (il dibattito risultava palloso in quanto erano tutti stranamente d’accordo, ma Sgarbi fece una bella sparata sul finale che ora non ricordo).
      Questo per dire che la rete è politica e gli utenti a mio avviso manifestano pulsioni politiche, anche se èrobabilmente non discutono della posizione da mantenere in politica estera o della bontà del fondo salva stati.”

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      Ma in realtà secondo me bisognerebbe capire chi vota e perché vota in questo momento.

      Concordo che la rete non è così importante come si dice. Ma concordo che anche la tv tradizionale stia perdendo terreno. E allora cos’è importante?

      Da qualche anno a questa parte, il numero dei votanti è in costante calo. I cittadini, anche quelli che votano, sono sempre meno interessati. I giovani vedono alla politica come il teatrino che è, e ci danno poca attenzione. In questo scenario diventa ancora più importante il voto poco informato, il voto di protesta e il voto per “tradizione” familiare o personale. Da una parte quindi, un voto estremamente volatile e influenzabile, tendente al non-voto; dall’altra, un gran massa di voto cementificato sulla propria posizione che segue i dibattiti come una partita di calcio.

      In questo scenario italiano, quindi, per me si dovrebbe dare meno rilevanza a tutti i media: Piuttosto che parlare di quale media sia migliore, parlerei dell’incapacità di tutti i media di avere influenza politica e spesso di fare vera informazione.

      Le campagne contro la casta di cui parli quindi mi sembrano che nascano con lo stesso meccanismo virale del “salviamo i cagnolini di Green Hill”: attivismo da “un click e dimentica”, piuttosto che spinto da un reale interesse per il cambiamento, per una politica diversa da quella in cui non si riconoscono. I partiti leggono tutto ciò, ne sono sicuro, ma i partiti lo sanno da tempo che certi atteggiamenti non sono più tollerati, non c’era certo bisogno dei social network. Il perché non cambiano? questa è un’altra storia.

      • capitan ovvio. 🙂 lo so che è satira, ma la satira si fa su qualcosa che è reale e che rompe le balle. se non ci fossero persone che mandano sul serio quel tipo di messaggi che invadono le bacheche, non esisterebbe la satira su questi messaggi. in quel senso ho citato il fenomeno.

  2. Pingback: Non è come sembra. La politica e i filtri della rete. | Il blog di Fabrizio Ulisse

  3. Pingback: Il Web-Index e le potenzialità inespresse « ilpicchioparlante

  4. Pingback: Web Index, Italia nelle retrovie. C’è ancora tanto da "explorare" sul Web | agora-vox.co.cc

  5. riflessione #1 – gli utenti non cambiano idea. Occorre sfatare il mito della capacità della rete di influenzare le opinioni. sostanzialmente ritengo che la maggior parte delle persone che accedono ad una informazione tendono a filtrarla con il metro di giudizio delle proprie opinioni (si cercano e di rilevano le notizie e le informaizoni che confermano le nostre opinioni preconcette). La rete, per come si sta configurando (filtri di ricerca che tengono memoria delle preferenze degli utenti), tende a diventare un gigantesco imbuto nel quale ci auto indiriziamo, escludendo le notizie e le informazioni che non gratificano la nostra opinione. In questo la TV, paradossalmente, è più laterale (nel senso del pensiero) perchè è più facile incappare in informazioni casuali non predirette dal nosto pensiero. Detto questo però la rete ha un elevato potere di mobilitazione
    riflessione #2 – se la rete è un luogo dove si svolge ormai gran parte della vita sociale di ognuno di noi, questo significa che è un campo che va in ogni caso presidiato. Metafora: in una guerra il dominio dei cieli è determinante, ma dopo che hai sconfitto tutti gli aerei nemici e bombardato tutte le città, poi se vuoi prendere possesso di un territorio devi comunque andarci con i soldati. Le elezioni sono complesse come dici tu, quindi forse il campo della rete da solo non basta, ma oggigiorno non presidiarlo sarebbe un suicidio (o più semplicemente stupido)
    riflessione #3 – Obama è il paradigma del politico totalmente integrato in rete mentre Romney no e nonostante tutto Romney ha recuperati nei consensi. Bisognerebbe però mettere nella valutazione almeno due elementi; il bdg di Romney per la campagna elettorale (che potrebbe fare supporre proprio che a parità di mezzi economici, la maggiore digitalizzazione porta consensi); il pubblico a cui parlano i due contendenti per cui se miri ad un pubblico di votanti che non sanno nemmeno accendere un PC diventa poco funzionale mandare tweet a destra e a manca. per riprendere la metafora della guerra è come se i due contendenti stessero combattendo una guerra in cui devono raggiungere prima possibile lo stesso obbiettivo ma attraversando due aree geografiche diverse (uno deve attraversare il deserto, l’altro le alpi), magari entrambi gli eserciti hanno bisogno di utilizzate tutti i mezzi a disposizione, ma dovranno necessariamente fare maggiore leva sui mezzi più idonei.
    riflessione #4 – La strategicità della rete è direttamente proporzionale al suo essere innovativa; man mano che i vari contendenti sviluppano confidenza con il mezzo, il gap “tecnologico” si riduce e risulta meno evidente l’importanza o la capacità di influenzare le opinioni; alla fine l’uso della rete sarà un passaggio obbligato delle strategie elettorali, una cosa che vale in negativo (si nota solo la sua assenza….)

    Riflessione finale: “le elezioni si vincono ANCHE in rete!”

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