Ieri avevo letto la consueta dose di indignazione e scoramento 2.0 per via dell’ennesima, inutile polemica su Twitter tra leader politici. In questo caso, tra Bersani e Ingroia. Oggetto del contendere? Lo straordinario significato ideologico di un bicchiere di vino:
.@antonioingroia io bevo il bianco perché siamo troppo rossi e devo correggere un po’
— Pier Luigi Bersani (@pbersani) February 14, 2013
Avevo immediatamente archiviato. Fino a stamane, quando aprendo il Fatto Quotidiano ho trovato, a pagina nove, una breve in cui si legge del loro «incontro casuale» a Fiumicino: «I due si sono intrattenuti a parlare per alcuni minuti, stringendosi la mano e scambiandosi alcune battute, che il comunicato così riporta: «’Io prendo del vino rosso – ha detto il leader di Rivoluzione Civile avvicinandosi al bar – visto che – ha aggiunto sorridendo – noi siamo i veri rossi’. Ha replicato Bersani: ‘Io prendo del vino bianco. Siamo troppo rossi, devo correggerlo un po’ con il bianco’». Poi un saluto, e ciascuno sul proprio aereo. Una breve ricerca e spunta il comunicato, battuto dall’Ansa alle 14:12 e proveniente dall’«ufficio stampa di Rivoluzione Civile», dove evidentemente tenevano particolarmente a specificare il colore del calice (chissà se amaro) bevuto da Ingroia.
Che importa? Importa che la polemica su Twitter è del tutto artefatta. Nel senso che lo scambio era avvenuto ore prima (Ingroia ha twittato alle 14:43, Bersani ha risposto alle 16:22) e di persona, non su un social network. Nella sostanza non cambia nulla, ma nella forma cambia tutto: tweet che sembrano umanizzare e rendere dialogica (è su Twitter, è in tempo reale, è come per noi comuni cittadini) la polemica non sono altro, ancora una volta, che il risultato (pianificato?) di strategie di comunicazione per rendere massimo l’impatto delle proprie battaglie. Chissà, forse lo staff di Bersani non si aspettava il rilancio della polemica, e ha deciso di replicare in 140 caratteri quanto risposto poche ore prima, in aeroporto. Forse, addirittura, è una strategia concordata (poi lo mettiamo in scena su Twitter?) per dare maggior risalto o visibilità a un siparietto fondato sul nulla ma che serve a tenere saldi i rispettivi presidi: noi siamo rossi rossi, noi invece siamo rossi ma non troppo (e del resto c’è un governo con i nuovi bianchi, da mettere in piedi).
Ma non è decisivo capire se le cose stiano esattamente così: il punto è, se non fossimo sazi di quelle ‘genuine’, che ora sappiamo dovremo tenerci uno spazio nello stomaco anche per le polemiche inventate su Twitter. Del resto, di norma funziona: i giornali (che possono farci un pezzo a buon mercato) abboccano, i lettori (che possono sfogarsi o dare sostegno direttamente ai due beniamini) pure, e noi si continua a vergare editoriali su quanto è bella la comunicazione bidirezionale, il dialogo tra politica e cittadini sui social media e tutte queste banalità che poi ci lasciano impreparati ad affrontare nuove, ridicole forme di propaganda.