Dall’ossessione per Berlusconi a quella per il Paese.


Negli ultimi mesi i media tradizionali hanno inseguito gli umori, e in particolare le stranezze (fan di Totò Riina, idolatri di Massimo Tartaglia, amici dei pedofili), della rete. A ogni evento seguiva la precisazione: “e su Facebook…”. Con vette paradossali come quelle toccate dal Corriere della Sera che, nel giorno dello spintone al Papa, segnalava i quattro iscritti al gruppo “Susanna Maiolo ti devi vergognare” e i quindici membri di una pagina analoga. Non male su tredici milioni di utenti.

Ebbene il giocattolo si deve essere, in qualche modo, rotto, se è vero che da settimane migliaia di utenti (di Facebook e non) si chiedono se l’aggressione a Silvio Berlusconi sia una montatura o meno, senza destare interesse (o quasi) neppure in quotidiani e telegiornali che solitamente non si lasciano sfuggire l’occasione di criminalizzare i social network o, più in generale, diffondere l’idea che la rete sia in mano ai sovversivi (parola di Gabriella Carlucci). Strano dunque che passi inosservato un gruppo con quasi seimila iscritti in cui si chiede di firmare un “esposto-denuncia” al Procuratore di Milano per “chiarire una questione di grandissima rilevanza sociale” e “definire con precisione l’idea di una grandissima messa in scena“. Il tutto con cinque dettagliatissime domande a corredo, come: “la quantità di moto dell’oggetto era tale da arrecare i danni dichiarati?”. 

I complottisti sono in costante aumento, e continuano a darsi da fare. Alcuni membri del “Popolo Viola”, ad esempio, organizzano una campagna di affissioni uguale e contraria a quella del PDL di Basiglio. Altri frequentatori di Facebook chiedono addirittura una interrogazione parlamentare “per accertare la verità sulle lesioni subite dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a seguito dell’aggressione”. Per non parlare dei video che impazzano su YouTube.

Tra questi, quello di una televisione tedesca, che “suppone che l’aggressione a Berlusconi sia stata tutta una farsa”. Ne parla Sonia Alfano, europarlamentare dell’Idv, in un videoappello al Presidente della Repubblica in cui chiede a Napolitano di fare tutto il possibile per capire se “quello che dice la televisione tedesca ha solo un margine di realtà, perché se così fosse vorrebbe dire che qualcuno ci ha preso in giro in maniera veramente straordinaria, ma soprattutto ha preso in giro lei, Presidente. Noi abbiamo il diritto di sapere la verità, e di difendere la Costituzione da attacchi spietati”. Un merito, tuttavia, è già accertato: la televisione tedesca ha in ogni caso detto “quello che tanti pensano e nessuno ha il coraggio di dire“.

Ora mi chiedo: per quale motivo i media non si approfittano di questa ghiotta occasione per vendere l’idea che internet vada “regolamentato” e che Facebook debba essere “chiuso” (Emilio Fede)? Non che lo desideri, sia chiaro. Tuttavia è evidente la sproporzione tra il fuoco mediatico di cui fu vittima, ad esempio, Matteo Mezzadri, e il silenzio calato su questa assurda vicenda. Silenzio che, naturalmente, fa il gioco dei complottisti (“se non ne parlano è perché è tutta una montatura”). 

Chiedo dunque a chi di dovere di rendere pubblico tutto il materiale che concerne la prognosi e le cure ricevute dal Presidente del Consiglio a seguito dell’aggressione. Soltanto a questo modo si potrà superare del tutto questa bruttissima pagina della nostra storia recente, che altrimenti continuerà ad esistere tra le maglie digitali dei sospetti. Soltanto a questo modo si potrà sostituire all’ossessione per Berlusconi quella, ben più salutare, per il bene del Paese.

Tra l’incudine (azzurra) e il martello (viola).

La versione del PDL:

La versione del Popolo Viola:

Non solo in rete, tuttavia, si parla di “faccia al pomodoro” e si invita a scrivere “FALSO” sui manifesti del PDL.

Qualche dubbio ce l’ha pure Francesco Storace:

E io che speravo si potesse non parlarne più.

L’aggressione a Berlusconi è una montatura? C’è altro di cui chiedere conto.

Per chi avesse del tempo da perdere, queste sono le migliori risposte che ho trovato in rete a favore e contro l’ipotesi della montatura.

Per chi non ce l’avesse, consiglio di investire qualche minuto per chiedere conto (è il caso di dirlo) al ministro Brunetta di questa notizia, passata stranamente inosservata:

Che ne dice ministro, vogliamo usare internet anche per fare le telefonate e mandare la posta, oltre che per far circolare i certificati medici?

In conclusione, un appunto: se fossi di sinistra perderei meno tempo a scambiare lucciole per lanterne, e più a criticare gli obbrobri della “Casta”, che si mangia giornalmente in francobolli quello che un laureato rischia di percepire in due-tre mesi di lavoro. Invece, in questo caso, l’articolo è de Il Giornale (ed è stato ripreso, che io sappia, solo dal Foglio).

E’ proprio vero che, almeno a volte, serve.

Libera Rete in Libero Stato.

Uno dei prodotti indesiderati dell’aggressione del “Tartaglia furioso” è il dibattito, giunto in Consiglio dei ministri, sulla libertà di espressione in rete.

Già la presenza di un dibattito non è un buon segno, visto che la libertà di espressione in rete non dovrebbe essere in discussione.

Un secondo elemento di preoccupazione viene dalle dichiarazioni di alcuni dei partecipanti al dibattito. Secondo cui la rete “non educa a nulla” (Giancarlo Galan); “I social network non sono più luoghi di incontro e socializzazione virtuale. Si sono trasformati in pericolose armi in mano a pochi delinquenti che, sfruttando l’anonimato, incitano alla violenza, all’odio sociale, alla sovversione” (Gabriella Carlucci);”Facebook è più pericoloso dei gruppi degli anni ’70” (Renato Schifani) e dunque bisogna “procedere all’oscuramento dei siti in cui si inneggia alla vigliacca aggressione” (Andrea Ronchi).

Il tutto mentre appaiono, nell’arco di una notte, gruppi di sostenitori al Premier da due milioni di iscritti e su Google si registrano strane sparizioni.

Per fortuna la reazione compatta della rete e di buona parte dell’informazione ha evitato un decreto legge in cui sembravano ipotizzate, in un primo momento, vere e proprie misure liberticide. Tra cui, secondo Repubblica, “l’attribuzione al Gip del compito di adottare provvedimenti cautelari quando si ravvisi l’urgenza di un intervento” e “il tentativo di rendere più difficoltosa la navigazione sul web verso quei siti che istigano alla violenza o fanno apologia di reato, attraverso una serie di filtri“.

Il governo ha poi fatto un passo indietro. Come si apprende dal comunicato ufficiale:

Niente più decreti, dunque. E compare l’ipotesi dell’autoregolamentazione, che sembra favorita anche dall’inedito spirito collaborativo dei vertici di Facebook, oggi dichiaratisi pronti a concertare soluzioni al problema insieme al governo italiano, e dalla disponibilità al dialogo dello IAB Italia.

Il deputato del PDL Roberto Cassinelli fornisce qualche ulteriore dettaglio sulla proposta di Maroni:

Niente leggi speciali né introduzione di nuovi, appositi, reati. Non è tuttavia ancora chiaro quali proposte precise saranno contenute nel disegno di legge al vaglio del prossimo consiglio dei ministri, e la possibilità del bavaglio resta. Ben venga dunque l’iniziativa promossa da Guido Scorza, Alessandro Gilioli e Enzo di Frenna, tra gli altri, chiamata Libera Rete in Libero Stato e prevista il 23 dicembre in Piazza del Popolo a Roma, dalle 17 alle 19. Questo il manifesto:

Scrive di Frenna:

Ci sdraieremo tutti in silenzio, per 1 minuto. Poi disegneremo col gessetto la sagoma dei nostri corpi e scriveremo dentro il nome del nostro blog. Porteremo tanti bavagli bianchi.

Sul gruppo Facebook della manifestazione (2900 iscritti in un giorno) si moltiplicano le proposte e i suggerimenti.

Date il vostro contributo oggi: domani potrebbe essere troppo tardi.

Approfondimenti

La tentazione del governo Berlusconi IV di mettere le mani sulla rete non è nuova. Fornisco qualche link per chi volesse approfondire il tema:

Una dichiarazione sorprendente

Non resta che essere d’accordo con quanto contenuto in questa dichiarazione:

Internet, signor Ministro, è un terreno pericolosissimo, ma è pericolosissimo anche per il senso l’inverso, ossia per l’intervento su Internet. Richiamo tutti alla prudenza. Le leggi esistenti già consentono di perseguire i responsabili. La Polizia postale fa un lavoro straordinario. Dobbiamo andare fino in fondo, ma, onorevoli colleghi, guardiamo agli Stati Uniti d’America, guardiamo alla democrazia americana, guardiamo a quello che succede in quel Paese, che è la grande frontiera della libertà, dove Obama riceve intimidazioni inaccettabili su Internet, ma dove a nessuno è mai venuta in mente, neanche nell’anticamera del cervello, l’idea di censurare Internet. Attenzione su questo versante, perché guai a rispondere con provvedimenti che finirebbero per essere illiberali davanti a sfide che richiedono da parte nostra la tolleranza zero verso i colpevoli.

Antonio Di Pietro? Beppe Grillo? Pier Ferdinando Casini?

Macché: Roberto Cota. Chi l’avrebbe detto. Sì, si tratta di Casini, e non di Cota. Grazie a kreaton per la segnalazione, e mi scuso con i lettori per l’errore.

[Aggiornamento – 18:57]

Qui è possibile firmare una petizione promossa da AgoràDigitale :

C’è il dovere, una volta per tutte, di aprire un grande dibattito e di affidararlo al Parlamento che, per una volta, tornerebbe ad avere quel ruolo di motore del dibattito del paese che gli appartiene. Ci appelliamo al Parlamento tutto affinchè metta in calendario una seduta straordinaria sulla Rete e a cui possano partecipare numerosi esponenti della società civile che conoscano e sappiano spiegare Internet. Al Parlamento e all’Italia. Ma allo stesso tempo ci appelliamo con ancora più forza al Governo e in particolare al Ministro Maroni affinchè qualsiasi attività normativa venga sospesa subordinandola a tale dibattito.

Tra l’altro, è la prima petizione in Creative Commons della storia.

Oltre lo specchio e la lavagna.

Nei giorni del dopo aggressione siamo costretti ad assistere alla caccia alle streghe. A vedere applicato, per l’ennesima volta, quello che Giampaolo Pansa chiama “il metodo della lavagna“. Che divide il Paese in buoni e cattivi, innocenti e colpevoli, uomini liberi e schiavi. Se infatti chi ha scagliato la prima pietra, lo sappiamo, è Massimo Tartaglia, si sprecano le ipotesi su chi o cosa ne abbia manipolato la follia, facendo sì che lo squilibrio si assestasse in un gesto d’odio verso il Premier.

I dubbi si sono presto dissipati, perché con il gesso le ipotesi diventano certezze. Ed ecco Alessandro Sallusti,  vicedirettore de Il Giornale, riassumere il dogma del centrodestra, secondo cui l’aggressione sarebbe il risultato di “una regia e una strategia che passa anche per giornali, segreterie politiche e trasmissioni televisive irresponsabili”. Associare al concetto nomi e cognomi, ripetendo quanto dichiarato allo speciale di RAI1 della sera precedente: La Repubblica, Michele Santoro, Marco Travaglio, Antonio Di Pietro. E alludere che anche Pierferdinando Casini, reo di aver prospettato “sorprese” contro Berlusconi, sia tra i “mandanti morali” dell’aggressione. E mentre piovono le querele (dell’editorialista del Fatto, del leader dell’UDC) e nessuno nella maggioranza prende le distanze, il desiderio di ristabilire la verità senza se e senza ma porta addirittura a un comunicato del gruppo del PDL al Senato contro Marco Travaglio, in cui si legge che “la sua follia, il suo odio pari alla sua nullità, non conoscono limite”. Confortante sapere che provenga dalle stesse persone che hanno passato gli ultimi due gioni a predicare la calma. Il “clima d’odio” sarebbe dunque figlio della campagna diffamante dei “lupi che si travestono da agnellini” (Mario Giordano) ora che a forza di ululare qualcuno ha risposto al richiamo. E chi prova a ricordare che se il bersaglio della violenza è Berlusconi e non, che ne so, Bossi o Fini, un motivo ci deve pur essere, viene passato per “il vero istigatore politico”. Da una parte i buoni, dall’altra i cattivi.

Lo schema si ripete nell’opposizione. Che condanna, è vero, il gesto di Tartaglia, ma dà la colpa  dei toni elevatissimi dello scontro politico a Berlusconi. E’ il Premier, come ricorda Travaglio sull’editoriale odierno, ad avere definito “coglioni” gli elettori della sinistra, “matti antropologicamente diversi dal resto della razza umana” i magistrati e “golpisti” gli ultimi tre presidenti della Repubblica. L’elenco potrebbe proseguire, ma non servirebbe a nulla. Il concetto è chiaro: l’opposizione è stata costretta ad alzare la voce, perché per farsi sentire da chi urla non c’è altro modo che urlare più forte. Noi da una parte della lavagna, voi dall’altra.

A questo modo le sfumature scompaiono. E il fatto che la verità, come recita l’adagio, stia probabilmente nel mezzo diventa eresia. Che Berlusconi abbia giocato al rialzo è indubbio (è parte del suo carattere), così come indubbie sono le strumentalizzazioni di un movimento tutt’altro che violento come “Il Popolo Viola“. Ma che l’opposizione abbia passato più tempo a pensare come ucciderlo (politicamente) che costruire una cultura antagonista al berlusconismo è altrettanto vero. Si dirà che se lasciato governare avrebbe distrutto le regole del gioco democratico. Io non lo credo possibile: fino ad ora il tentativo di rendersi primus super pares è fallito due volte, e di certo i magistrati avrebbero fatto meglio e prima il loro lavoro (anche nei confronti del Premier) se invece di vedere le carte processuali sbattute in prima pagina un giorno sì e l’altro anche avessero potuto operare con la necessaria discrezione. E poi un conto è ipotizzare riforme costituzionali che alterino l’equilibrio dei poteri, un altro realizzarle. Come si è visto, larghi settori anche della maggioranza sono contrari alla visione autoritaria del potere di Berlusconi. E per portare a casa le modifiche servono i 2/3 dell’Aula. Dove sono?

Inutile dunque che l’opposizione ricordi gli insulti della maggioranza e che la maggioranza ricordi quelli dell’opposizione. Come ben sa chi ama, quel che serve a ricomporre una situazione difficile non è una lavagna, ma l’ascolto. E a tendere l’orecchio dovremmo essere tutti, nessuno escluso. Senza cadere nella presunzione di ritenerci innocenti, senza pensare che quanto è successo non sia, in qualche misura, reponsabilità anche nostra.

Senza questa fondamentale inversione culturale, prevarrà lo scontro. Anche dopo Berlusconi. Come scrive Claudio Messora, “un’Italia riconquistata a colpi di statuette in faccia non mi interessa, perché non sarà migliore di quella precedente. Ne sarà solamente un’ipocrita, obbrobriosa e deformata immagine speculare”.

Meglio provare ad andare oltre lo specchio e la lavagna.