Rai, ti sputtanerò.

La dirigenza della Rai sembra non voler perdere un’occasione per rendersi ridicola. Dopo l’intervento di Mauro Masi a L’Isola dei famosi, servito a dire che questa volta non si «dissocia» da un suo programma, è la volta di Mauro Mazza. Il direttore di Rai Uno ha definito «satira graffiante» l’instant song di Luca e Paolo a Sanremo, Ti sputtanerò, che si riferiva ai tormenti patiti, a causa della «macchina del fango», da Fini e Berlusconi. E si è augurato che lo stesso trattamento sia riservato a «altre espressioni della politica italiana». Perché «guance da graffiare ce ne sono parecchie».

Ma quella di Luca e Paolo non è «satira graffiante». Anzi, non è proprio satira. La satira, dicono i dizionari, ha la funzione di mostrare le «contraddizioni» del potere. E il testo di Luca e Paolo, basta leggerlo per accorgersene, non mostra le «contraddizioni» del potere più di un qualsiasi pezzo di cronaca. Non stravolge la realtà, non la deforma, non la caricaturizza: si limita a descriverla, anche se con una scorretta equiparazione delle vicende del presidente della Camera e del Cavaliere. Niente, di nuovo, che susciti una risata, anche amara.

Dunque a meno che non si voglia definire satirica la realtà che stiamo vivendo, e questa potrebbe essere una linea argomentativa vincente, di satirico in quella canzone non c’è nulla. Certo, fa riflettere che si riesca a trovarla ridicola: significa che l’informazione ha stravolto i fatti al punto da farne sembrare satirica la enumerazione. In effetti, pensando al grado di esposizione al reale del telespettatore medio della rete di Minzolini, niente di sorprendente.

Tuttavia l’invito di Mazza, che tutto questo lo sa benissimo, fa riflettere. Perché offre un termometro di quanto i fatti siano sgraditi in Rai. Di quanto sia importante, per la direzione, che la propria versione dei fatti non sia contestata da altre versioni dei fatti. Magari più ricche, compromettenti. O più immediate. Quando Mazza dunque interviene per agitare lo spettro demente della par condicio non ha affatto l’ardire di mettere una museruola alla satira: è alla cronaca, che vuole metterla. Il suo è un richiamo a non disturbare la disinformazione, non i costumi o la sensibilità degli elettori di centrodestra.

Un tentativo maldestro, goffo. Satirico, quasi. Che dovrebbe far ridere gli spettatori ben più dell’innocuo motivetto da Bagaglino del duo. E che farebbe ridere anche me, se solo non fosse che quella risata potrebbe seppellirci.

3 pensieri su “Rai, ti sputtanerò.

  1. Non ho sufficiente competenza per stabilire se è satira o meno, ma per il graffiante avrei milleeuno dubbi. Io ho letto in giro che il titolo originale era “Ti processerò”, con testo leggermente diverso, già questa lo dice lunga. Poi il testo non fa altro che cercare di far passare l’idea che Fini e Berlusconi sono da porre sullo piano sostanzialmente, come dire, siamo tutti uguali, siamo sulla stessa barca, siamo tutti cattivi e sporchi, il più pulito c’ha la rogna….
    L’idea è ventennale, non a caso, cioè la politica è cosa sporca ma qualcuno la deve pur fare (i politici ovviamente, non la gente che deve stare a casa a vedere la Tv, o gli studenti che devono stare a casa a studiare), e chi vi dice che non è così, che si può farla diversamente, vi sta mentendo!

  2. Concordo in pieno.
    L’altra sera Cicchitto replicava a Crozza dicendo che la sua era una satira a senso unico: vorrebbe una satira spargi cacca a 360gradi per poter alimentare il “tanto sono tutti uguali” che li tiene in piedi (come pretendono di fare con le foto del Giornale per Vendola e Veronica).
    “Ti sputtanerò” è su questa linea : cerchiobottismo nazionalpopolare.

  3. D’accordo su tutta la linea, caro Fabio. La satira è una cosa seria. In Italia è completamente sparita, fagocitata dall’andazzo vergognoso dell’informazione cosidetta “moderata”, di cui il “Corriere della Sera” è decisamente il decano. L’idea è che le cose non debbano avere una morfologia specifica, che si può sempre mettere in piedi una narrazione che, dietro l’apparente prudenza della distanza e dell’obiettività, nasconde una disonestà intellettuale infida e subliminale. Un editoriale di Galli della Loggia, un siparietto di Luca e Paolo, un intervento di Pigi Battista e le vacche improvvisamente sono tutte nere.

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