Zona franca penale e impietosi atti squadristici: la rettifica per i blog secondo l’UDC Ciccanti.

“Non capisco perchè nel nuovo testo della legge sulle intercettazioni i blogger debbano avere una zona franca penale e non debbano, invece, soggiacere come tutti gli altri operatori dell’informazione alle stesse regole di salvaguardia della tutela della privacy […] è una aberrazione giuridica punire un giornalista per una frase detta o scritta e non punire per la stessa identica frase un blogger. Sostenere la diversità delle piattaforme di comunicazione e delle connesse dinamiche di controllo  è una grande ingenuità, perchè anche per i blogger ‘la legge non ammette ignoranza’ dal momento che ognuno, quando scrive o parla, deve sapere quello che dice, così come avviene nelle normali relazioni umane a prescindere dalla tradizionale comunicazione sui media. Nè vale invocare la sterilità di tale disciplina di eguaglianza di trattamento, alla luce dei possibili raggiri tecnici attraverso ‘provider’ esteri (si veda l’ultima normativa esimente dell’Irlanda), perchè possono esssere puniti anche i reati compiuti all’estero, contro cittadini o istituzioni italiane. Tale impunità se dovesse passare trasformerebbe dopo qualche settimana i blog nel più grande ‘affare’ del web, sapendo che ognuno può, in quei siti, compiere i più impietosi atti squadristici!

Parola di Amedeo Ciccanti, UDC. Ecco come certa “opposizione” difende la libertà di espressione in Rete. Pensando che se non passasse l’obbligo di rettifica (così come contenuto nell’attuale stesura del comma 29 art. 1 del ddl intercettazioni) i blogger avrebbero una “zona franca penale“, per cui in caso di diffamazione, ad esempio, la legge non potrebbe punirli. Ventilando il rischio che l’eventuale accoglimento degli emendamenti possa produrre una modifica che introduca una improbabile “impunità” che renderebbe leciti “i più impietosi atti squadristici” – così che aprire un blog diventerebbe un “affare” (certo, gireremo tutti con l’auto blu). E attribuendo la recente norma che protegge i blogger dai processi non all’Islanda ma all’Irlanda.

Peccato che mentre non ci sarà – giustamente – alcuna “zona franca penale”, l’approvazione del comma 29 applicherà una ulteriore sanzione – questa sì discutibile – per il semplice fatto che una richiesta di rettifica non sia accolta entro 48 ore. E questo a prescindere dalla verità o falsità di quanto scritto, perché – come stabilisce l’art.8 della legge sulla stampa, che verrebbe esteso a tutti i “siti informatici” – la richiesta deve ossere ottemperata ogni volta che i soggetti coinvolti ritengano i contenuti pubblicati contrari al vero. Altro che difesa della verità contro i blogger bugiardi.

Invito dunque Ciccanti – che deve essersi inserito nel solco lasciato all’interno del partito dal senatore D’Alia – a informarsi, prima di parlare dei “più impietosi atti squadristici” che noi blogger saremmo in grado di commettere. A me risulta semmai il contrario. Così che dopo quanto detto una “rettifica”, se proprio la vuole, dovrebbe essere lui a produrla. Io non gliela chiederò: mi accontenterei di semplici scuse. Perché non solo un blogger, ma anche un parlamentare “quando scrive o parla, deve sapere quello che dice”.

Caro De Bortoli, perché il comma “ammazza-blog” non è una notizia?

Caro Direttore,

come lei di certo sa il 22 luglio scorso l’On. Giulia Bongiorno ha ritenutoinammissibili”, con una decisione controversa anche dal punto di vista formale, gli emendamenti al comma 29 dell’art. 1 del ddl intercettazioni. La norma, tristemente nota come “ammazza-blog”, prevede l’estensione dell’obbligo di rettifica originariamente contenuto dalla disciplina sulla stampa del 1948 a tutti i “siti informatici”. In sostanza se un qualunque blogger non dovesse procedere a rettificare entro 48 ore dalla richiesta dell’interessato – e secondo stringenti criteri grafici, di visibilità e posizionamento – una notizia, non importa se vera o falsa, rischierebbe di incorrere in una sanzione fino a 12500 euro. Senza contare che la vaghezza del dettato non ne esclude affatto l’applicazione ai contenuti pubblicati come commento o su siti come Wikipedia. O ancora, su un profilo Facebook, finendo così per riguardare potenzialmente sedici milioni e mezzo di italiani.

Ora, a prescindere dalla valutazione che si dà del disposto legislativo e dei presupposti che lo informano (ad esempio, che non ci sia alcuna differenza in termini di responsabilità tra giornalismo professionale e diffusione amatoriale di notizie, oppure che le dinamiche della Rete e della carta stampata possano venire assoggettate alle stesse regole) stupisce che il principale quotidiano del Paese non abbia ritenuto tutto questo una notizia. E che non abbia ritenuto degne né di una goccia di inchiostro né di un bit nemmeno le oltre 9000 firme raccolte da esperti della Rete, giornalisti e blogger su Facebook e sul sito Valigiablu.it per denunciare i rischi che l’approvazione di questo comma nella sua attuale stesura comporta per la libertà di espressione sul Web.

Le scrivo dunque per chiederle la ragione di questo silenzio. Se, al contrario del resto della legge, ritiene che questo comma non rappresenti alcun pericolo per la libera circolazione delle idee, non pensa almeno che i suoi lettori avrebbero il diritto di essere informati del suo contenuto, così da potersi fare una loro opinione in materia? Non si tratta di una battaglia “politica”, di un solo schieramento. Tanto è vero che gli emendamenti ritenuti “inammissibili”, e che noi firmatari dell’appello No legge bavaglio alla Rete vorremmo invece fossero riammessi alla discussione in Aula, provenivano non solo dall’opposizione, ma anche dalla stessa maggioranza. L’On. Cassinelli, ad esempio, ha dialogato per settimane con la Rete nel tentativo di pervenire insieme a un testo migliore. Giungendo a una formulazione che aveva trovato l’appoggio perfino del responsabile Internet del PDL Antonio Palmieri, come lei sa gestore di Forzasilvio.it e dunque molto vicino al Premier. Insomma, non solo i soliti dubbi dei “ribelli” finiani.

Comprendo che un quotidiano autorevole come il suo abbia svariati temi altrettanto importanti da trattare, ma siamo proprio sicuri che almeno sul sito non si potesse trovare uno spazio? Del resto, lo si è trovato in questi giorni per le “coatte di Ostia anche in versione Remix” e in passato per le congetture di chi annoverava Facebook tra le “cause” (il virgolettato è della sua redazione) della sifilide. Se queste sono notizie, vorrei sapere perché una legge che ha scatenato un dibattito pubblico sul futuro della libertà di espressione in Rete non lo sia.

Cordialmente,

Fabio Chiusi

Comma “ammazza-blog”? Per il Corriere non è una notizia. Perché?

Per il Corriere della Sera il comma “ammazza-blog” non è una notizia. Così come non lo sono i settemila che in un paio di giorni hanno firmato, tra pagina Facebook e sito di Valigia Blu, l’appello No Legge Bavaglio alla Rete. Che importa che ne abbiano scritto Stampa, Riformista, Repubblica, Espresso, Farefuturo, Secolo d’Italia, Fatto Quotidiano e molti altri: da quando il 22 luglio l’On. Bongiorno ha ritenuto “inammissibili” gli emendamenti proposti sia dal PD che dal PDL al comma 29 del ddl intercettazioni in via Solferino non è stata sprecata nemmeno una goccia di inchiostro o un singolo bit. Prendete i quotidiani in edicola dal 23 luglio a oggi. Prendete il Corriere.it. Nulla.

Insomma, se al Corriere ritengono che quel comma non sia un pericolo per la libertà di espressione su Internet, i suoi lettori non avrebbero almeno il diritto di essere informati, così da potersi fare una loro opinione? Oppure il tema non è abbastanza importante? Davvero era più opportuno in questo preciso momento dedicare un commento all’iPad che “alimenta la demagogia“? E ancora: come mai per un titolo a effetto che metta in risalto il “lato oscuro” della Rete (“Se il web è un idiota”, “Le umiliazioni e le vendette in Rete, è l’epoca dei cattivissimi”, “Gran Bretagna: torna la sifilide, Facebook tra le “cause””) c’è sempre spazio?

Viene da pensare che la logica sia quella dei “sostanzialisti“, ben descritta oggi da Vittorio Zambardino. E cioè di coloro i quali sono “ciechi” perché non vedono “la tecnica di nascondere misure gravi dietro il mantello di altre gravissime e ritenute prioritarie“. O peggio: se la vedono, non la denunciano. Rendendola doppiamente efficace, perché a questo modo le “misure gravi” passano indisturbate sotto il naso di una opinione pubblica inconsapevole.

Stupisce in definitiva che il principale quotidiano italiano scatti sull’attenti inferocito a ogni provocazione di stampo trollesco e invece taccia quando la libertà di espressione sia realmente minacciata. Quattro iscritti a un gruppo “choc” su Facebook sono una notizia, settemila persone che segnalano una pericolosa deriva antistorica e censoria del governo no. Perché?

Nell’attesa di una risposta, non resta che sperare di essere smentito nei prossimi giorni. C’è tempo fino al 29 luglio per scriverne almeno un paio di righe. Soprattutto dopo quanto ha fatto contro la “legge bavaglio”, un silenzio sarebbe assurdo. Se De Bortoli pensa che il comma 29 dell’art.1 del ddl intercettazioni non rappresenti alcun rischio, al contrario del resto della norma, abbia il coraggio di dirlo, forte e chiaro. Non farlo significherebbe che per il Corriere le “coatte di Ostia anche in versione Remix” (solo per fare uno dei tanti possibili esempi) sono più importanti di una discussione pubblica sul futuro della libertà di espressione in Italia. Una scelta di cui un così autorevole direttore dovrebbe almeno avere il coraggio di assumersi la responsabilità.

No Legge Bavaglio alla Rete: l’appello in inglese.

Ieri ho sottoscritto e pubblicato l’appello No Legge Bavaglio alla Rete, fornendo anche tutti i motivi per cui a mio avviso il comma 29 dell’art.1 del ddl intercettazioni vada abrogato. Oggi, grazie all’aiuto di Davide Serafin, lo ripropongo tradotto in inglese. Così da poterlo girare alle redazioni dei quotidiani stranieri e alle istituzioni comunitarie.

The decision on 21 July 2010 of Giulia Bongiorno, President of the Parliamentary Judiciary Committee, to define as “unacceptable” the amendments to paragraph 29 of Article 1 of the so-called Wiretapping Bill submitted by deputies Roberto Cassinelli (PDL, government party) and Roberto Zaccaria (PD, opposition party) is the final act of one of the most serious – no matter whether conscious or unconscious – attacks on freedom of information on the Internet ever.

This declaration of unacceptability of the amendments, which were intended to limit the indiscriminate extension of the “obbligo di rettifica” (or duty to rectify, originally contained in the press law of 1948) to all website operators, threatens to make freedom of information on the Web the first real victim of the Wiretapping Bill by eliminating the possibility that such a delicate and complex topic will even be debated in Parliament.

Among the many negative records that Italy is going to chalk up because of the Bill, the decision of Giulia Bongiorno is likely to add one more on the side of freedom of information: we are about to become the first and only country in the world in which a blogger risks more than a journalist, while at the same time being less free.

Requiring bloggers to comply to the duty to rectify within 48 hours – just like professional journalists – or else face a fine of up to 12,500 euros will inevitably cause them to think twice on whether to write on issues that might hurt the sensibilities of the economic and political elite. It is an anachronistic and unreasonable scenario, as information on the Internet  has demonstrated worldwide to be the best – if not the only – form of implementation of that ancient and immortal principle, enshrined in Article 19 of the Universal Declaration of Human Rights, which states “Everyone has the right to freedom of opinion and expression, including the right not to be harassed for their views and to seek, receive and impart information and ideas through any media and regardless of frontiers”.

The Bill cannot be allowed to pass as it currently stands. We demand full and open Parliamentary debate on Article 1, paragraph 29 of the Bill, including consideration of the above amendments.

Access to the Internet is set to become a fundamental human right in hundreds of countries around the world. We cannot force citizens to renounce that right here in our country.


Guido Scorza, Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione

Vittorio Zambardino, Scene Digitali

Alessandro Gilioli, Piovono Rane

Arianna Ciccone, International Journalism Festival e Valigia Blu

Filippo Rossi, direttore Ffwebmagazine e Caffeina Magazine

Claudio Messora, Byoblu

Stefano Corradino, Articolo 21

Fabio Chiusi, Il Nichilista

Daniele Sensi, L’AntiComunitarista

Wil Nonleggerlo, Nonleggere QuestoBlog

Francesco Piccinini, Agoravox

Giorgio Tsiotas, Valigia Blu

Roberta Aiello, Valigia Blu

Tommaso Tani, Valigia Blu

Piero Filotico, Valigia Blu

Matteo Pascoletti, Valigia Blu

Matteo Bottecchia, Valigia Blu

Paolo Agnelli, Valigia Blu

Sigismondo Baldovino, Valigia Blu

Davide Serafin, Yes, political!

Segnalatemi pure la mail di persone e Istituzioni che potrebbero secondo voi contribuire alla causa.

Ecco alcuni indirizzi (o siti da cui raggiungerli):

redacciondigital@elpais.es

editor@mediagroup.co.uk

m.king@independent.co.uk

http://www.rue89.com/contact

http://www.liberation.fr/contacts,105

No al comma “ammazza-blog”: l’appello.

Al Presidente della Camera, On. Gianfranco Fini
Al Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, On. Giulia Bongiorno
Ai Capi-gruppo alla Camera dei Deputati
A tutti i Deputati

La decisione con la quale, lo scorso 21 luglio, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera, On. Giulia Bongiorno, ha dichiarato inammissibili gli emendamenti presentati dall’On. Roberto Cassinelli (PDL) e dall’On. Roberto Zaccaria (PD) al comma 29 dell’art. 1 del c.d. ddl intercettazioni costituisce l’atto finale di uno dei più gravi – consapevole o inconsapevole che sia – attentati alla libertà di informazione in Rete sin qui consumati nel Palazzo.
La declaratoria di inammissibilità di tali emendamenti volti a circoscrivere l’indiscriminata, illogica e liberticida estensione ai gestori di tutti i siti informatici dell’applicabilità dell’obbligo di rettifica previsto dalla vecchia legge sulla stampa, infatti, minaccia di fare della libertà di informazione online la prima vittima eccellente del ddl intercettazioni, eliminando alla radice persino la possibilità che un aspetto tanto delicato e complesso per l’informazione del futuro venga discusso in Parlamento.
Tra i tanti primati negativi che l’Italia si avvia a conquistare, grazie al disegno di legge, sul versante della libertà di informazione, la scelta dell’On. Bongiorno rischia di aggiungerne uno ulteriore: stiamo per diventare il primo e l’unico Paese al mondo nel quale un blogger rischia più di un giornalista ma ha meno libertà.
Esigere che un blogger proceda alla rettifica entro 48 ore dalla richiesta – esattamente come se fosse un giornalista – sotto pena di una sanzione fino a 12.500 euro, infatti, significa dissuaderlo dall’occuparsi di temi suscettibili di urtare la sensibilità dei poteri economici e politici.
Si tratta di uno scenario anacronistico e scellerato perché l’informazione in Rete ha dimostrato, ovunque nel mondo, di costituire la migliore – se non l’unica – forma di attuazione di quell’antico ed immortale principio, sancito dall’art. 19 della dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e del cittadino, secondo il quale “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”.
Occorre scongiurare il rischio che tale scenario si produca e, dunque, reintrodurre il dibattito sul comma 29 dell’art. 1 del ddl nel corso dell’esame in Assemblea, permettendo la discussione sugli emendamenti che verranno ripresentati. L’accesso alla Rete, in centinaia di Paesi al mondo, si avvia a divenire un diritto fondamentale dell’uomo, non possiamo lasciare che, proprio nel nostro Paese, i cittadini siano costretti a rinunciarvi.

Guido Scorza, Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione

Vittorio Zambardino, Scene Digitali

Alessandro Gilioli, Piovono Rane

Arianna Ciccone, Festival Internazionale del Giornalismo e Valigia Blu

Filippo Rossi, direttore Ffwebmagazine e Caffeina Magazine

Fabio Chiusi, Il Nichilista

Daniele Sensi, L’AntiComunitarista

Wil Nonleggerlo, Nonleggere QuestoBlog

Link: la pagina Facebook No Legge Bavaglio alla Rete

Per saperne di più: