«Nel giorno del tuo compleanno, dirò che ho amato il ribelle in te, che sei sempre stato una fonte di ispirazione per me, e che non mi piacciono gli aloni di divinità intorno a te. Non pregherò per te.
Nel giorno del tuo compleanno, ti trovo ovunque mi giri. Dirò che ho amato alcuni tuoi aspetti, odiato altri, e che non ho potuto comprenderne molti di più.
Nel giorno del tuo compleanno, non mi inchinerò a te. Non bacerò la tua mano. Piuttosto, la stringerò come si fa tra pari, e ti sorriderò come tu sorridi a me. Ti parlerò come a un amico, niente di più.»
(Trad. mia)
Allo scrittore saudita Hamza Kashgari, 23 anni, è bastato pubblicare questi tre tweet, indirizzati al profeta Maometto a ridosso dell’anniversario della sua nascita, per attirarsi una vera e propria fatwa digitale, ma dalle realissime conseguenze. Non sono state sufficienti le scuse, e nemmeno cancellare i tre post: Kashgari è stato inondato di insulti e minacce. Oltre alle 30 mila risposte generate in poche ore, e una pagina Facebook con 10 mila iscritti intitolata ‘La popolazione saudita chiede l’esecuzione di Hamza Kashgari’, qualcuno ha perfino pubblicato il suo indirizzo di casa su YouTube, scrive il Daily Beast. E, sostengono gli amici, la polizia è venuto a cercarlo nella moschea che frequentava abitualmente. Inutile aggiungere che le parole del giovane non potranno essere più pubblicate su alcun organo di stampa.
Kashgari, temendo per la sua incolumità, ha lasciato il Paese tra lunedì e martedì, direzione Nuova Zelanda, dove avrebbe inteso chiedere asilo politico. Ma al suo arrivo allo scalo di Kuala Lumpur, scrive il Wall Street Journal, è stato arrestato dalla polizia locale – anche se ancora non si sa con quale accusa. Re Abdullah era stato il primo a chiedere le manette: ora resta da capire se il giovane sarà rimpatriato, con tutto ciò che ne consegue.
«Chiedevo soltanto di poter esercitare i miei diritti fondamentali – di pensiero ed espressione», ha detto Kashgari al Daily Beast. Eppure a causa di questo componimento, che non chiamiamo letteratura solo perché non abbiamo ancora compreso come si relazionino Twitter e le forme tradizionali della cultura, ora rischia la pena di morte. Un caso che rivela, una volta di più, come la vera censura sia di natura culturale, prima ancora che normativa. E se tanto – e giustamente – abbiamo discusso dei modi in cui i gestori di piattaforme come Twitter possano e debbano garantire al meglio le libertà e i diritti dei propri utenti, sarebbe bene che questi discorsi non ci facessero dimenticare che non bastano liberi tweet per fare un libero Stato.
https://ilnichilista.wordpress.com/2010/11/04/questa-non-e-una-notizia/
NON NOBIS DOMINE NON NOBIS — SED NOMINI TUO DA GLORIAM
…. magari con un pizzico di fede, il mondo potrebbe migliorare….
chiamala fede in Dio,
chiamala fede nell’Uomo da Lui generato,
l’importante è che la stessa fede non contempli l’odio e la mistificazione.
un altro bolg interessante è http://limpopolare.blogspot.com/ é nuovo, ma sembra promettere bene 🙂 se avete qualche minuti fateci un salto!
chapeau
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