Altre partenze (desiderate) nel PD: Gianni Vernetti.

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Continuano le partenze dal PD. Questa volta si tratta di Gianni Vernetti, che dal suo blog si dice pronto a “costruire una nuova offerta politica innovativa, democratica, liberale e popolare in grado di recuperare tutti i voti persi che furono della Margherita e anche molto di più” insieme a Francesco Rutelli.

Le ragioni? Molteplici:

Credo che il Partito Democratico sia qualcosa di molto diverso da ciò che avevamo pensato […]

Oggi il PD occupa uno spazio politico angusto, raccoglie non più di un quarto del voto degli italiani e non riesce ad essere convincente per settori enormi della nostra società: giovani, lavoro autonomo, piccola e media impresa, commercio e artigianato, partite IVA, ceti urbani produttivi.
Il voto della Margherita è praticamente sfumato […].

In più, il PD non ha uno schema credibile di alleanze. La sinistra radicale è stata travolta dalla sua inaffidabilità quando ha avuto l’occasione di governare [forse Vernetti dimentica che a far cadere il governo Prodi fu il non proprio “radicale di sinistra” Mastella, ndr]; l’alleanza con Di Pietro ha già ridotto la credibilità di un PD spesso costretto a rincorrere un’agenda politica giustizialista e populista; con l’UDC si fatica a trovare intese nazionali.

Ma la colpa principale, quella che non permette a Vernetti di rimanere nel PD un secondo di più, e consumata già mesi addietro, è stata la scelta presa “a maggioranza” di stare con i socialisti in Europa:

Credo che sia stato un gravissimo errore, ancor più oggi che i partiti socialisti in Europa stanno collezionando una serie costante di sconfitte.

E noi che pensavamo che per riconoscersi in un partito contassero le proposte. Macché. Sotto sotto il PD non è quello che “avevamo pensato” perché prende pochi voti in Italia e in Europa siede con chi perde. Me lo volevo vedere, Vernetti, a scendere dal carro del vincitore.

Ma tant’è. Visto che non sono un veterano della politica, mi sono chiesto che tipo di parlamentare sia, Vernetti. OpenParlamento ne fa questo ritratto:

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In sostanza, un tasso di assenze del 65,99% (a fronte di una media del 16,19%), comprese le votazioni sull’omofobia, sul federalismo fiscale, sulla riforma Gelmini, sull’abolizione delle province e sulla finanziaria, per un totale di 19 assenze su 28 “voti chiave”. Un indice di attività di 0,49 su 10 (media: 1,95) che lo vede 550° su 630 deputati, risultando primo firmatario di nessun disegno di legge né di alcuna interrogazione. 

Non mi ci vedo Bersani a perdere il sonno, per la sua dipartita.

Vale la pena chiedere ugualmente a Vernetti, come già a Rutelli, di mollare la poltrona? Io sono per il sì. 

Voi?

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