La tolleranza e l’impunità.

Ha ragione Javier Marias: c’è un senso in cui la tolleranza «cresce in noi giorno dopo giorno», in particolare negli italiani. Ma è un senso «scuro», che non riguarda il vedere il diverso come uguale, ma l’uguale come diverso. È la tolleranza verso «l’impunità che sempre più impera nel mondo».

Che fa sì che ci siano «politici e imprenditori che festeggiano come una vittoria e una discolpa il fatto che il reato di cui li si accusa sia stato prescritto», quando «una prescrizione in nessun modo equivale a una assoluzione, bensì a una dichiarazione di colpevolezza che tuttavia non può concretizzarsi». Che permette ai dittatori di «abbandonare il loro Paese con una fortuna in tasca» e sfuggire alla giustizia. Che mantiene ai loro posti, e con i loro spropositati benefit, i manager che hanno causato la crisi finanziaria globale. Che protegge Bush Jr., Blair e Aznar dal patire le conseguenze di una guerra «illegale e inutile» scatenata in nome di una menzogna.

In una società in cui l’impunità diventa la regola, prosegue Marias dal palco del premio Nonino, i cittadini finiscono per considerarla parte naturale della convivenza civile. Ci si abituano. E ciò porta, «in maniera graduale ma indefettibile, ad avere sempre maggiore tolleranza nei confronti di essa». Peggio: «a ritenere che ai singoli privati non competa intervenire né porre rimedio».

Ecco, forse, una chiave di lettura che riguarda il nostro Paese ma getta lo sguardo oltre i confini nazionali. E che può essere utile per comprendere perché, da un lato, c’è una classe dirigente sempre più spudoratamente al di sopra della legge e, dall’altro, una società civile disinteressata ad agire perché le cose cambino. La lezione di Marias è potente, perché distribuisce equamente le colpe, e ne individua la fonte. Siamo tutti vittima dello stesso male. Il problema è che veste i panni di un antidoto.

Resta dunque la domanda: se davvero i popoli, o almeno la maggioranza votante di essi, accetta i soprusi del potere, con quale strumento democratico si inverte la tendenza?

Ecco il testo integrale dell’intervento di Marias al premio Nonino 2011, pubblicato su Repubblica il 25 gennaio scorso:

Un pensiero su “La tolleranza e l’impunità.

  1. Non esiste strumento democratico possibile per un cambiamento se la maggioranza del popolo ne è contemporaneamente vittima e copevole. Ma nulla di quello che stiamo vedendo è così nuovo, nè imprevedibile. Non si discosta dalla predizione di Toqueville sulle possibili degenerazioni delle democrazie. Come può finire? Come sempre in questi casi: a farlo fallire sarà la scarsità qualitativa di una classe dirigente completamente autoreferenziale, che quindi porta per parassitismo l’organismo su cui si installa a entrare in una situazione di malattia sempre più grave, fino a quando riesce a prevalere la reazione immunitaria. Devo dire che le similitudini con certi tipi di infezioni sono molte. Più la malattia è virulenta e diffusa, più la reazione immunitaria dovrà essere massiccia. E lascerà cicatrici di lunga durata, che forse non guariranno mai. Forse l’organismo deve morire e nascere qualcosa di nuovo e davvero robusto, ma cosa?

    Michele Gardini

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