
Ieri sera Gian Antonio Stella ha raccontato alcuni passaggi del suo ultimo libro Negri, Froci, Giudei & Co. insieme a un accompagnamento musicale e visuale che ne ha sottolineato provocazione e poesia. Sono riuscito a raggiungere il giornalista del Corriere della Sera prima di una cena a tardissima ora. Ecco ciò che ci siamo detti.
Lei stasera ha ricordato svariati casi che sfatano il mito secondo cui gli italiani non sono razzisti. Quanto costa secondo lei questo retaggio razzista nel successo della Lega nell’ultimo ventennio?
Beh, certo non aver fatto i conti col proprio passato significa molto. L’inghilterra ha fatto i conti con il suo passato coloniale, la Germania ha fatto i conti con il suo passato nazista e lo stesso hanno fatto la Francia e altri paesi. In questi paesi è impensabile che un ministro chiami “bingo bongo” i neri. Impensabile. Se un ministro inglese, francese o tedesco lo facesse verrebbe fatto a pezzi dai suoi elettori, sarebbero loro stessi a non accettarlo. Il che dimostra che occorre fare i conti con il nostro passato proprio per non ripeterne gli errori. Se continuiamo a ripetere a noi stessi che gli italiani non sono razzisti ci rifiutiamo di vedere la malattia che poi va in cancrena. Come è già andato in cancrena in passato.
Sempre stasera ha ricordato le frasi ignobili di Gentilini sui bambini degli zingari. Come mai nessuno della dirigenza della Lega ha preso le distanze da queste dichiarazioni e la Padania aveva parlato addirittura di una “sentenza politica” quando Gentilini fu condannato per istigazione al razzismo? Perché nessuno prende le distanze e l’elettorato stesso non lo chiede?
Perché Gentilini lo dice con una lingua bonaria. Io sono molto amico di Marco Paolini e lui in un suo spettacolo diceva che la rivoluzione in Veneto era impossibile, faceva ridere perché la si declina in dialetto. Nel momento in cui hai una lingua così gentile come fai a fare la lotta… Se le cose che dice Gentilini le dicesse un tedesco verrebbero giù le pareti. Siccome le dice lui Maroni ride, sostiene che è una boutade, come le barzellette di Berlusconi sull’ebreo che fa le sabbiature. È una incapacità del Paese di guardarsi dentro.
Ha letto il sondaggio di Feltrin che dice che un opeario e un disoccupato su due ha votato Lega Nord in Veneto e nel Trevigiano addirittura il 60% degli operai. Qual è la ragione secondo lei?
È sempre stato così. Nel libro che racconta la strage di Aigues-Mortes scritto da Enzo Barnaba c’è un passaggio in cui una commissione del parlamento Francese a cavallo col sindacato aveva fatto un’inchiesta sul rapporto tra mondo operaio e immigrati, e gli italiani immigrati erano vittime di un razzismo terribile da parte dei francesi e dei sindacati francesi. Se in questo Paese si studiasse un po’ di più e si parlasse un po’ meno, vedremmo che la storia è sempre quella. Non c’è niente di sorprendente: se diventa una guerra tra poveri il povero si difende. E se viene spiegato al povero che il suo problema è la concorrenza del marocchino e del cinese che gli porta via il lavoro, lui reagisce in un certo modo. Se invece si spiegasse alle persone che non è così, perché non è così, e che i problemi sono strutturali… Ad esempio che noi abbiamo un problema enorme di portualità: tra due anni il porto di Tangeri movimenterà tanti container come tutti i porti italiani messi insieme: cosa c’entrano gli immigrati? Eppure nessuno parla dei porti, come mai? Perché l’immigrazione è una tigre da cavalcare per fare politica e in questo la Lega gioca sporco. Non mi stupisce per niente che gli operai veneti votino Lega: un po’ perché pensano che sia un modo di difendersi dal declino, di arginare il più possibile il declino. Inoltre perché, secondo me, la sinistra non fa il suo mestiere. E poi ultima cosa: se tu fossi disoccupato preferiresti avere al governo Pecoraro Scanio? O gli offri un’alternativa oppure meglio i messaggi semplici della Lega: fuori il marocchino, lotta alla criminalità e no a nuove tasse.
A Treviso recentemente una sentenza ha stabilito che “negro di merda” è un insulto ma non razzista.
Per me ci sono dei giudici che sono dei buontemponi. Che senso ha? Secondo me vale quello che dice Moravia, e cioè che il razzista è un lupo che ritiene che il solo fatto che l’altro sia diverso è una condizione di inferiorità. Questo secondo me è razzismo e basta. Credo abbia ragione Luciano Canfora: quando tu ti senti superiore a un altro è razzismo.
Passando a temi più vicini a quelli del Festival, in passato lei ha documentato quanto difficile è se non impossibile per la politica riformarsi. E per il giornalismo?
Certo oggi i giornali che escono segnalano una difficoltà. Sinceramente non so se i giornalisti esteri sarebbero diversi, nella nostra situazione. Onestamente non credo. Siamo tutti inguaiati dal fatto che abbiamo una proprietà che vorrebbe che i giornali si sdraiassero ai piedi del governo in modo che il governo desse più incentivi possibili per tutti gli affari che hanno le varie proprietà. Siccome non c’è nessun editore puro, tranne il Fatto: tutti gli altri hanno editori che fanno macchine, frigoriferi, ospedali. Tutta gente che poi va a batter cassa al governo.
E per quanto riguarda la Rete, è una opportunità importante per il giornalismo?
Io uso tantissimo la Rete, ma è infida, non ti puoi fidare di niente. Bisogna stare attentissimi a quello che si legge. Invito tutti a diffidare di internet. Un giornale ha un vantaggio grande: tu scrivi una stronzata e quella resta, stampata. Su internet ti accorgi di aver scritto una stronzata e la cambi. Questo non va bene perché c’è anche una minore assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti che lavorano sul web, sanno che se ti scappa una cazzata la correggi – senza distinzione tra giornalisti professionisti e non.
In un suo editoriale a dicembre si chiedeva in maniera provocatoria se avere più libertà di insultare o di odiare in Rete sia più libertà di espressione. Cosa pensa alla luce del suo ultimo saggio?
Non ho niente da aggiungere a quell’editoriale. Non capisco perché se tu dici qui in questa stanza che gli ebrei han fatto bene ad ammazzarli puoi essere denunciato e andare se esageri in galera – e secondo me dovresti andare in galera – mentre su internet puoi fare lo stesso e non essere denunciato. Per me chi mette online delle porcherie come quelle deve andare in galera.
Servono nuove leggi, dunque?
No, si chiede semplicemente l’applicazione delle leggi esistenti. Nessun tentativo di censura. Semplicemente si tratta di applicare la legge allo stesso modo fuori e dentro la Rete.
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