Per il Corriere della Sera merita più risalto l’ultimo gruppo troll o i Guantanamo Files? Giudicate voi.
Guantanamo Files:
Il «cinismo» del «popolo della rete» sull’emorragia cerebrale a Lamberto Sposini:
Tralasciando per carità di patria la polemica del tutto strumentale su Wikipedia, aggiungo due domande sulle pagine Facebook su Sposini:
1. In che modo un gruppo di «106 iscritti» rende «cinico» un «popolo» di 19 milioni di individui (limitandosi agli iscritti a Facebook, gli italiani connessi sono circa uno su due)?
2. Che cosa significa esattamente che la «tolleranza zero» dovrebbe partire dalla Rete stessa? A rigor di logica, una di queste tre cose.
a. Che dovremmo tutti iscriverci alla pagina troll di turno per ricordare agli amministratori di «farsi una vita invece di sprecare il tempo con link idioti», rendendole così fenomeni da centinaia di migliaia di iscritti?
b. Nel caso contrario, se l’idea di Sideri è ignorarle, perché farne un editoriale?
c. Terza opzione: se l’intento era cercare di far sparire simili pagine da Facebook (impresa peraltro disperata e irrealistica), perché né la cronista né l’editorialista si sono premurati di ricordare il meccanismo di segnalazione delle pagine che violano le condizioni di utilizzo di Facebook? O menzionare la possibilità di segnalarle alla Postale, nei casi più gravi?
Ce n’è forse una quarta: sollecitare una qualche forma di fermissima condanna morale. Ma non vedo come potrebbe infastidire i quattro troll di turno. E su quella degli altri si può dubitare solamente nella misura in cui hanno capito che provocazioni simili non meritano la nostra attenzione, ma soltanto una buona (e difficile, me ne rendo conto) dose di indifferenza.
Poi si potrebbero fare tante altre domande, a partire da perché il più autorevole quotidiano italiano abbia preferito dedicare un pezzo e un editoriale a una “notizia” di questo tipo e nemmeno una riga ai tanti (ben più di 106) che, sempre in Rete, hanno firmato la lettera per chiedere al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di fare il possibile per la liberazione dell’artista cinese Ai Weiwei, arrestato il 3 aprile scorso e di cui da allora non si hanno più notizie.