Otto cose sui risultati delle amministrative, dai giornali

Qualche considerazione sulle amministrative, dai giornali di oggi:

1. L’emorragia di centinaia di migliaia di voti nel centrodestra e nel centrosinistra a Roma rispetto al 2008 (fonte: Corriere):

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Significativo si leggano ovunque infografiche per mettere in risalto il confronto tra risultato del M5S alle politiche di febbraio e alle amministrative (ammesso abbia senso), e da nessuna parte sia stato pubblicato lo stesso per Pd e Pdl.

2. Eppure qualcosa da dire ci sarebbe. Il risultato del Pdl? «Arretramento ovunque», scrive Paola Di Caro sempre sul Corriere. Ma non si legge di «flop» del partito di Berlusconi. Forse gli analisti confidano nei ballottaggi (dove peraltro quasi tutti i candidati di centrodestra sono in forte svantaggio).

3. Massimo Franco, sul Corsera, coglie la questione centrale: queste amministrative ripropongono «in termini seri la questione tra democrazia e voto». E l’inadeguatezza di questi partiti a rappresentare i cittadini, compendiata nel dato sull’astensionismo. Il problema, Grillo o non Grillo, resta. Anzi, senza Grillo, come ho scritto ieri, potrebbe perfino peggiorare.

4. Di conseguenza Antonio Padellaro, sul Fatto: «Che cosa abbiano i partiti da festeggiare, resta un mistero». E ricorda, giustamente e contro la vulgata imperante della «vittoria del governo Letta», che Marino – primo a Roma con un risultato inaspettato – da senatore a questo esecutivo non diede nemmeno la fiducia.

5. Anche Massimo Giannini, su Repubblica, evidenzia un problema fondamentale: quando un elettore su due non va a votare, «la crisi della democrazia rappresentativa è compiuta». Non si pensi, insomma, che basti archiviare il M5S (ammesso sia già tempo di farlo) per risolvere (o dissolvere) la questione.

6. E del resto, Giuseppe De Rita (presidente del Censis), sempre su Repubblica invita alla cautela: quello del M5S alle amministrative «è un dato da isolare, non va preso come l’inizio di un declino dei grillini perché alle politiche la rabbia e la capacità attrattiva del leader resteranno fino a quando non si consumerà la leadership di Grillo o il rancore non si incanalerà verso altre direzioni. Ragion per cui bisogna sospendere il giudizio, sarebbe troppo facile dire che sono in declino, aspettiamo e vediamo».

7. Come ricorda Arianna Ciccone, tuttavia, ha ragione Giovanna Cosenza a sostenere che «per il Movimento 5 Stelle il peggio di queste amministrative non sta tanto (paradossalmente) nella perdita di voti rispetto alle politiche (pur notevole), quanto nelle immediate reazioni degli esponenti M5S». Che infatti si sono presentati alla spicciolata: chi a impartire l’ordine di non commentare, chi a rispettarlo (Crimi, che dice di non aver visto i risultati), chi a dire che il risultato è ottimo, quasi da brindare a champagne, chi a battere il petto e a fare mea culpa. Chi a rilasciare interviste durissime (e fotocopia) a Stampa e Repubblica (Zaccagnini), in cui un po’ parlare come l’epurato Favia («la strategia politica è in mano al blog» – e solo ieri, al Corsera, Crimi aveva intimato di non parlare di strategie politiche), un po’ chiedere cambiamenti radicali, a partire dal «portale di democrazia diretta che tarda ad arrivare», e di ritornare ad ascoltare «la gente». Attraverso la «democrazia orizzontale della rete» («la nostra ragione di esistere»), ovvio.

8. Da ultimo, una nota di colore. Per Feltri, il problema di Grillo è Internet. Analisi controcorrente, visto che i più avevano visto nella «Rete» il motivo del successo del M5S. Il clima è già cambiato. Così sul Giornale l’editorialista scrive: «La Rete va bene per prendere i pesci, ma gli elettori non sono tonni». Questo il titolo a supporto:

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Inutile aggiungere che si sta scambiando uno strumento che può avere (e ha) effetti profondi sul modo di fare politica, ben oltre il M5S, con le sorti di un singolo movimento.

Becchi

Becchi non è un politico, ma un filosofo. Sì, si è affiliato al MoVimento 5 Stelle. Ma non parla a suo nome – come i Cinque Stelle si sono ipocritamente affrettati a precisare. Non ne fa formalmente parte. Quindi non è un politico. E quindi ancora non ha gli obblighi di un politico. Tra cui rientra il non usare metafore coi fucili in un clima sociale surriscaldato come il nostro, specie legando un gesto individuale a un risibile e vergognoso cui prodest. Il filosofo, invece, può farlo. Non ha l’obbligo di essere politically correct: semplicemente, dice quello che gli pare. Che poi è il motivo per cui Becchi ha ottenuto la sua attuale ‘celebrità’: spara. Ai media piace da impazzire, tanto che lo interpellano continuamente. E tra i motivi per cui lo interpellano c’è che si lasci scappare un’immagine troppo forte, e  la cosa crei scandalo e alimenti ancora un poco il circo dell’indignazione. Che poi, dal loro punto di vista, è il circo dei click. Come per i Borghezio e gli Scilipoti, ne discutiamo per qualche ora e poi ci riaddormentiamo nel tepore dello status quo parademocristiano. I problemi sono esattamente dove erano prima, e noi non ne abbiamo nemmeno parlato. Ma almeno ci siamo indignati, per dio! Mica quei cattivi cittadini che vivono nell’indifferenza. Gramsci la odiava: devo odiarla pure io. Che poi, a voler andare fino in fondo, è ipocrisia dire che ci sono cose che non si possono e non si devono dire, pena il linciaggio mediatico. Certo, i nazismi sarebbe meglio lasciarli alla condanna inappellabile della storia, ma quello di Becchi non è un nazismo: è uno scenario che serve a significare che se non si risolve il problema dello scollamento tra cittadini e istituzioni, e la crisi invece di migliorare peggiora (o semplicemente si continua a latitare in questo limbo di promesse e delusioni), allora uno degli sbocchi potrebbe essere la fine della pace sociale. Non solo, aggiungo: potrebbe essere l’alba di nuove e più insidiose forme di totalitarismo. Il Paese, con la sua retorica del popolo che ha sempre ragione, del fare le cose nel nome del popolo e subito, prima che cambi idea; con quella sua dose ineliminabile di immobilismo e conservazione che infastidisce perfino chi ha finito per abituarvisi; con quel perbenismo inaccettabile che è in realtà un desiderio di conformismo e di masse che sono terminali (meglio se incolpevoli). Ecco, questo Paese sembra avere le radici giuste per produrre l’ennesima erbaccia. E noi, becchi appunto, a farci tradire dal divertissement.

Riaprite gli archivi

È da un po’ che ciclicamente mi chiedo quale ratio possa avere informato la memorabile decisione di far scomparire, insieme alla rassegna stampa quotidiana della Camera in rete, i suoi archivi. Quale mente possa aver concepito che trent’anni circa di storia dell’informazione di estremo valore per il pubblico dominio – e nullo per i legittimi proprietari – fossero sacrificabili all’altare del diritto d’autore. Poi una sera, pensandoci bene al telefono con una collega disillusa, ho realizzato come si trattasse in realtà della più vasta e odiosa – perché completamente inutile – opera di censura online operata in questo Paese di cui serbi memoria, perché far sparire quegli archivi significa anche e soprattutto rendere migliaia e migliaia di link provenienti da altri articoli – si suppone in massima parte perfettamente legali – morti, a loro volta inaccessibili. Così da mutilare non soltanto il sapere di chi si accinga per la prima volta a consultare gli archivi, ma anche la comprensione di chi invece li abbia utilizzati per completare o validare un ragionamento altrove, nella rete. A pensarci bene è una barbarie straordinaria, in termini culturali, ben peggiore delle copie perse (ma quante?) dai giornali riprodotti ogni mattina nella rassegna stampa. Che questa questione di bilanciamento del diritto alla cultura con il diritto d’autore non si sia nemmeno posta nel dibattito pubblico rivela, una volta di più, la deprimente irrilevanza della conoscenza nella considerazione non solo del lettore mediamente informato (quello che di norma si rivolge alla rassegna della Camera) ma anche e soprattutto dei tanti che hanno a cuore la libertà di informazione e – ancor di più – il libero web. C’è altro cui pensare, certo: ma c’è sempre, quando si tratta di difendere la cultura, per qualche ragione. Tanto che te ne devi accorgere davvero soltanto in una lamentio notturna con un’amica, quando il rumore di fondo di tutto il resto si è finalmente allontanato. E scopri che senza la rassegna leggi meno giornali, e ti viene voglia di comprarne meno, non di più. E che, tutto sommato, ne sai quanto prima.

Deferente

La reazione della politica e dell’informazione (quasi) tutta all’elezione di Francesco è contenuta interamente nell’espressione di «deferente omaggio» da parte del popolo italiano che Mario Monti, presidente del Consiglio, porge al nuovo Papa. Quell’aggettivo, «deferente», in un Paese in cui la laicità dello Stato è da sempre lettera morta o quasi – specie nei confronti della modernità – ha un significato ben preciso. «Deferente», dice la Treccani, è colui che «mostri o dichiari ossequioso rispetto» (o, in un’altra sfumatura, «che si rimette rispettosamente alla volontà, al giudizio, alle decisioni di un’altra persona o di una autorità»; niente male, per uno Stato sovrano). «Ossequioso», a sua volta, è chi «per abitudine e per carattere, assume un atteggiamento di ossequio non privo di servilismo verso superiori o verso chiunque sia ritenuto utile». Insomma, chi porti «profondo rispetto e riverenza», certo, ma non senza quel sovrappiù di servile che tanto la classe dirigente ha mostrato nei fatti, da sempre, nel governo della cosa e della morale pubblica. Senza mai scindere (come del resto buona parte dell’informazione) l’uomo di fede da quello di potere, e sempre valutando il secondo con il metro del primo. Pubblicamente, certo: quando si tratta del potere, lo abbiamo visto, è altra cosa. Così riempiamo pagine e trasmissioni delle parole «umiltà» e «povertà», parole nobili che nel contesto assumono tuttavia una piega montiana che le depotenzia e tradisce. «Deferente», appunto.

 

Cronache di Bibbona

Primo marzo

(Mattino) Continua sulla collina di sant’Ilario, nel levante di Genova, il presidio dei media alla villa di Beppe Grillo. Ma sulla presenza o meno in casa del leader del Movimento 5 Stelle non si hanno conferme. Secondo voci non confermate, Grillo potrebbe essersi trasferito già ieri con alcuni suoi collaboratori nella sua villa in Toscana, a Marina di Bibbona. 

(Un’ora più tardi)  Beppe Grillo è in Toscana, a Marina di Bibbona (Livorno) dove ha una casa sul mare. Questa mattina alcune persone lo hanno visto a Cecina, dove frequenta spesso la palestra ‘La Piramide’. È possibile, come spesso fa, che il leader del M5S, passi tutto il weekend nella località toscana.

(Nel pomeriggio) Sono aperte le persiane della casa al mare di Beppe Grillo, a Marina di Bibbona (Livorno) dove il leader del Movimento 5 Stelle sarebbe arrivato ieri sera. Lui nel pomeriggio non si è ancora visto ma sarebbe all’interno della villa: nel giardino c’erano il suo autista e un paio di amici. Quando Grillo soggiorna da queste parti di solito frequenta il ristorante ‘Il Bolognese da Sauro’ oppure si fa consegnare da lui i pasti a domicilio. Oggi ha detto di «non averlo viso, né gli ha portato il cibo a casa». 

(Poco dopo) Il segretario di Grillo ha confermato che il leader del M5S è in casa in compagnia di un «suo collaboratore». Era insieme al proprietario di uno stabilimento balneare di Marina di Bibbona che ha trascorso alcuni minuti in compagnia di Grillo all’interno della sua abitazione.

(Tardo pomeriggio) «Non mi rovinate la duna!». Così Beppe Grillo si è rivolto ai giornalisti uscendo per qualche istante sul cortile della sua casa al mare a Marina di Bibbona costeggiata da dune di sabbia. Il leader del Movimento 5 Stelle era completamente mascherato per non farsi riprendere dalle telecamere e immortalare dai fotografi. Indossava pantaloni grigi di una tuta da ginnastica, un piumino blu, sciarpa scura tirata su fin sotto gli occhi, occhiali scuri e un berretto di lana. Grillo ha ripetutamente salutato con la mano ripetendo più volte ‘grazie’ in risposta alle domande dei giornalisti. Poi è tornato dentro la casa dove è riunito con alcuni suoi collaboratori, come ha spiegato il suo segretario personale.

(Le nove) Cena in casa per Grillo stasera nella sua villa al mare a Marina di Bibbona.

Due marzo

(Prima di pranzo) Giornata di lavoro nella sua villa di Marina di Bibbona per Beppe Grillo. Il leader del M5S è rientrato a casa dopo una lunga passeggiata sulla spiaggia in compagnia dello scrittore Stefano Benni. Anche oggi Grillo è apparso praticamente irriconoscibile, intabarrato in un giubbotto sulla tuta, con un cappuccio sulla testa e un paio di grandi occhiali che gli nascondevano il volto. Il comico ha salutato i cronisti, che lo attendono all’esterno della villa, ma non ha detto nulla. «Siamo prigionieri», ha detto invece scherzosamente Stefano Benni rientrando in casa. Non è escluso che Grillo faccia una puntata in palestra o in piscina nel pomeriggio. Ma non uscirà a pranzo: l’amico ristoratore Sauro gli ha portato polpo con le patate e baccalà alla livornese che Grillo consumerà con gli ospiti.

(Arriva una lettera) È un remake del ‘Padre nostro’ in versione grillina la letterina che una donna ha deposto nella buca delle lettere della casa a Marina di Bibbona di Beppe Grillo. La donna, che ha detto di essere una pittrice nata a La Spezia, ma che vive a Livorno, è passata davanti la villa dove il leader del M5S è ‘barricato’ con i suoi collaboratori. Dopo aver osservato i cronisti, in attesa davanti all’abitazione, ha ritirato fuori un foglietto che ha infilato nella cassetta delle lettere. «Grillo nostro, che sei al governo, sia fatta la tua volontà», comincia la preghierina di Anna Maria Bacci, che si conclude con «ma liberaci da Berlusconi». Bacci, una signora di mezza età, ammette di aver votato il M5S e sottolinea di riporre «grandi aspettative» nei grillini.

(Dopo pranzo) La moglie di Beppe Grillo ha raggiunto il leader del M5S nella villa di Marina di Bibbona, dove era attesa per pranzo. La signora Grillo non ha detto nulla ai cronisti in attesa. Dalla villa è invece poco prima uscito in automobile lo scrittore Stefano Benni, che con il comico era stato visto passeggiare in mattinata sulla battigia.

(Le sei meno un quarto) Gabriele Paolini, il disturbatore televisivo per antonomasia, arriva alla villa al mare di Beppe Grillo, gli urla il suo grazie con un megafono dopo un mini spogliarello, ma resta fuori dal cancello. Paolini si è presentato a sorpresa all’ingresso della villa dove il leader del M5S è chiuso da stamane: dopo essersi tolto tutti i vestiti tranne un costume da bagno, ha preso un megafono e ha iniziato a urlare al comico: «Grazie, in tanti credono in te». E dopo aver chiesto le dimissioni di Bersani da segretario del Pd, si è buttato per terra per «baciare la terra» che prima o poi sarà calpestata da Beppe Grillo. Il disturbatore si è avviato quindi verso la spiaggia, dove, sfidando il freddo, si è fatto un bagno, non prima di aver deposto una bandiera sul cancello.

Tre marzo

(Mattino) Terza giornata in Toscana per Beppe Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle, intorno alle 9.30 è uscito dalla sua villa di Marina di Bibbona (Livorno) per fare jogging in spiaggia. Vestito come di consueto in questi giorni, ovvero con un piumino, occhiali scuri e sciarpa a nascondere completamente il volto, pantaloni della tuta grigi e scarpe da ginnastica, il leader del M5S insieme a un amico titolare di uno stabilimento balneare, ha inziato a correre lungo la spiaggia. Quando però ha visto che i giornalisti, fotografi e telecamere lo seguivano, Grillo si è infastidito e si è rifugiato nello stabilimento balneare. Da qui è rientrato in auto con l’amico, passando dal retro, si è infilato nel cancello di villa Corallina, senza mai rilasciare una dichiarazione ed evitando accuratamente di rispondere alle domande dei giornalisti.

(Le undici) Beppe Grillo dovrebbe lasciare dopo pranzo la sua villa a Marina di Bibbona, probabilmente per recarsi a Roma alla convention degli eletti del Movimento 5 Stelle: è quanto ha detto una collaboratrice del comico ad un’amica di famiglia che si era recata nella villa dove Grillo trascorre il weekend offrendosi di portare dei dolci che aveva preparato. Dolci che, ha detto la collaboratrice al citofono, «è inutile preparare perché oggi parte. Dopo pranzo partirà».

(Poco dopo) La conferma arriva da una collaboratrice, che rispondendo al citofono di villa Corallina a una vicina di casa, e amica del leader del M5S, che voleva preparare una torta per Grillo, ha risposto: «Non importa, lui parte – ha affermato la collaboratrice riferendosi a Beppe Grillo – parte oggi». All’amica che chiedeva quando sarebbe partito esattamente il leader del Movimento 5 Stelle, la collaboratrice, sempre al citofono, ha risposto: «in ogni modo dopo pranzo partirà».

(Ora di pranzo) Dovrebbe pranzare presto Beppe Grillo, nella sua villa di Marina di Vibbona (Livorno). Il domestico è uscito dall’abitazione in auto, intorno alle 11.30, per andare a ritirare il pranzo dall’amico ristoratore Sauro, titolare de ‘Il bolognese’. Grillo e i suoi collaboratori mangeranno dei tortelli ripieni di ricotta e spinaci, conditi con ragù di carne, mentre le altre pietanze le cucineranno da soli in casa. Subito dopo mangiato, il leader del Movimento 5 Stelle lascerà la Toscana, molto probabilmente per recarsi a Roma alla convention dei neo eletti parlamentari del M5S.

Per il seguito, rivolgersi alle agenzie – da cui questo ‘racconto’ è interamente tratto.