Ritorna l’inossidabile bufala dell’emendamento D’Alia.

Visto che la storia ha ricominciato a girare in rete per l’ennesima volta, per l’ennesima volta ribadisco che l’emendamento D’Alia è stato abrogato nell’aprile 2009. Cancellato, morto, sepolto: nessuna «dittatura» è «arrivata su Internet». E se mai dovesse arrivare, non sarebbe per via dell’emendamento D’Alia.

Ho spiegato la vicenda per filo e per segno quando ci cascarono Antonio Di Pietro e Marco Travaglio. Ma, vista l’incredibile tenacia della bufala, repetita iuvant.

Il Pdl al lavoro per mandare in carcere chi istiga alla violenza in Rete? A me non risulta.

La Stampa.it – rilanciando un’agenzia di Adnkronos –  rispolvera il ddl Lauro, e gli dedica pure un sondaggio. Del disegno di legge ho già parlato a dicembre dello scorso anno, e risulta fermo – secondo il sito del Senato – dal 26 gennaio. Eppure oggi la notizia sta facendo il giro – copia/incollata – di siti come Gazzettino.itGiornalettismo oltre a svariati blog.

Il sondaggio su LaStampa.it

Insomma, davvero la “maggioranza è al lavoro” su questo delirante ddl che vorrebbe fare di Facebook un’aggravante di reato e prevedere il carcere da 3 a 12 anni per chi commetta il reato – creato per l’occasione – di “istigazione ed apologia dei delitti contro la vita e l’incolumità della persona, con l’aggravante per coloro che utilizzano telefono, internet e social network”? A me risulta l’esame in Senato non sia mai iniziato. E poi, facendo un breve ragionamento di opportunità politica, non si capisce per quale ragione il PDL dovrebbe avanzare una simile proposta in un momento tanto delicato per la sua stessa esistenza.

Mi aiutate a verificare, prima che si ingeneri la solita onda di allarmismo ingiustificato? L’esempio della bufala dell’emendamento D’Alia – continuamente riproposta, e con una frequenza estenuante – dovrebbe averci insegnato quanto è difficile debellarla, se non stroncata sul nascere.

Insomma, è una reale minaccia per la libertà di espressione in Rete oppure una notizia vecchia su un ddl destinato a non venire mai discusso?

Update. Wil e Guido Scorza confermano i miei sospetti: la maggioranza non è “al lavoro” sul ddl Lauro, che fortunatamente giace dimenticato in Senato dal 26 gennaio.

Update 2. Ne parla anche Vittorio Zambardino.

Dopo Di Pietro, Travaglio: la bufala dell’emendamento D’Alia continua a fare danni in Rete.

Dopo Antonio Di Pietro, la bufala dell’emendamento D’Alia fa un’altra “vittima eccellente”: Marco Travaglio. Come ha notato Wil, infatti, nell’ultima puntata di Passaparola (ai minuti dal terzo all’ottavo) l’editorialista del Fatto ha erroneamente ritenuto in vita – e addirittura appena “approvato dal Senato” – il famigerato articolo 50-bis del decreto sicurezza riguardante la “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet“. Fortunatamente, dopo il passaggio a palazzo Madama del 5 febbraio 2009, il senatore D’Alia è stato costretto a subire la votazione favorevole agli emendamenti soppressivi del testo nella notte tra il 28 e il 29 aprile 2009 proposti dal deputato del PDL Roberto Cassinelli. Che, a pericolo scampato, annunciava sul suo blog, in un eloquente post dal titolo L’emendamento D’Alia non esiste più, come quello decisivo fosse composto di 11 caratteri: “Sopprimerlo“. Per poi dichiarare a La Stampa: “dell’emendamento D’Alia non c’era bisogno. Si trattava di un testo sbagliato e potenzialmente pericoloso”. Quindi non è neppure vero che la maggioranza di centrodestra abbia “gradito” l’idea del senatore D’Alia, dell’UDC: l’ha gradita soltanto al Senato – per poi ritornare precipitosamente sui suoi passi alla Camera a fronte di un coro di proteste arrivato addirittura fino all’edizione europea del New York Times.

Che dire, a tutti accade di sbagliare. Questa volta, tuttavia, stupisce il modo. Travaglio sembra aver fatto cieco affidamento su questa catena di Sant’Antonio (confrontare testo e parlato – o la sua trascrizione –  per credere), che all’interno di Passaparola legge sostanzialmente parola per parola. Dichiarando inoltre di rifarsi al sito Perlapace.it, che tuttavia il 25 maggio scorso precisava:

Su segnalazione di un nostro lettore,

abbiamo scoperto che sta girando in rete un testo intitolato “Nessun telegiornale ha avuto il permesso di diffondere questa notizia” (in allegato) ed in calce è stato scritto: documentazione diffusa da Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, http://www.perlapace.it/.

Abbiamo potuto verificare che la notizia è falsa, che il D.d.l. 733 è stato approvato al Senato come legge n. 94 nel luglio 2009 e che l’emendamento D’Alia, di cui si parla nel testo, è nato e morto in commissione senza mai andare in aula. Il Coordinamento degli Enti Locali per la pace e i diritti umani e la redazione del sito http://www.perlapace.it smentiscono di essere autori del testo e di averlo diffuso.

Diffidiamo chiunque dall’usare impropriamente le nostre sigle.

Coordinamento degli Enti Locali per la pace e i diritti umani
Redazione del sito www.perlapace.it

L’errore sembra dunque figlio di un eccessivo entusiasmo nei confronti delle notizie reperibili in Rete. Che invece è bene prendere con le pinze, cercando come prima cosa di capire se le fonti contenute nell’articolo siano affidabili e aggiornate. Non è un lavoro sempre semplice, ma è un lavoro sempre fattibile. Parafrasando ciò che dice Travaglio, insomma, “fate girare questa notizia il più possibile”, non tanto “per cercare di svegliare le coscienze addormentate” quanto per evitare che tra qualche mese ci si ritrovi – per l’ennesima volta – a dover temere minacce inesistenti. Quelle esistenti sono più che sufficienti a farci perdere il sonno.

Update

Travaglio ha rettificato su Voglio Scendere:


Di Pietro pensa che l’emendamento D’Alia sia ancora un pericolo per la rete. Ma è stato abrogato quasi un anno fa.

Clamoroso granchio di Antonio Di Pietro. Che sulla propria pagina Facebook denuncia:

Peccato che l’emendamento D’Alia sia stato abrogato, e grazie anche ai voti del PDL, nella notte tra il 28 e il 29 aprile 2009. Come annuncia Roberto Cassinelli, autore di una controproposta e fermo oppositore dell’emendamento:

Care amiche e cari amici,
è grandissimo il piacere con cui vi annuncio che, pochi minuti fa (a notte inoltrata), durante la riunione delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, è stato abrogato (sì, proprio abrogato!) il vituperato articolo 60 introdotto dall’emendamento proposto dal senatore D’Alia.
Vi confesso che raggiungere questa soluzione (che è, senza dubbio, la migliore possibile) non è stato facile. È stata necessaria un’intensa attività, svolta insieme a me dagli amici Antonio Palmieri e Barbara Mannucci, per convincere i colleghi Deputati ed il Governo (hanno dovuto esprimere il proprio parere il Ministero dell’interno ed il dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico). Alla fine ho presentato, insieme all’onorevole Mannucci, tre emendamenti: quello che vi ho proposto qui sul blog, un altro quasi identico che però presentava alcune differenze dal punto di vista giuridico, ed una terza versione – che è poi quella che le Commissioni hanno approvato – formata da 11 caratteri: “Sopprimerlo.

L’ex pm è stato tratto in inganno, oltre che dal suo tecno-entusiasmo senza se e senza ma, da un post di Interno 18, che segue una lunga trafila di blog e pagine di informazione che hanno abboccato allo stesso amo. 

Questo non significa che la rete non sia in pericolo, ma solamente che è meglio usare le proprie forze per combattere chi sul campo di battaglia ancora brandisce la spada, e non per accanirsi sui cadaveri.