Visto che quando, come ora, si discute di «fascisti del web», di «insulto dunque navigo» e altre generalizzazioni simili non manca mai – prima o poi – di farsi avanti chi ritenga che il problema si possa risolvere abolendo l’anonimato su Internet, vale la pena riportare la sentenza – all’unanimità – degli otto giudici della Corte Costituzionale della Corea del Sud, che ha giudicato l’idea non solo incostituzionale, ma anche e soprattutto inefficace rispetto all’obiettivo di ridurre insulti e diffamazioni online. Oltre che contraria alla libertà di espressione degli utenti, naturalmente: «Espressioni sotto anonimato o pseudonimo», hanno affermato i giudici, «consentono alle persone di dare voce alle loro critiche alle opinioni dominanti senza cedere a pressioni esterne». E ancora: «Anche se l’anonimato online ha effetti collaterali, dovrebbe essere fortemente protetto per il suo valore costituzionale». Da oggi, insomma, quella legge è lettera morta, e i sudcoreani potranno navigare senza doversi registrare per commentare su circa 150 siti con oltre 100 mila visitatori al giorno. Un’ultima annotazione: l’idea non funziona nemmeno moltiplicando i controlli, come dimostrato dal fallimento della real name policy sul social network cinese, Weibo. Il che significa che non basta nemmeno trasformare una Rete da Stato democratico in una da Paese autoritario. Chissà che il caso della Corea del Sud non convinca, finalmente, i Barbareschi, le Carlucci, le Randy Zuckerberg e tutti quegli «antifascisti del web» della cui resistenza facciamo volentieri a meno.
La Real Name Policy è anche quella che cerca di adottare Google su Youtube (Youtube ha i commenti peggiori del web). Ovviamente non sta funzionando.
Vero, grazie per averlo ricordato.
Pingback: Fascisti del web, l’urlo di chi non sa più parlare « Yes, political!
gran post.
Il buon Beppe Severgnini aveva scritto un pezzo sul suo blog a tal proposito: http://www.corriere.it/cronache/12_gennaio_12/liberta-di-parola-obbligo-di-firma-severgnini_01b528f6-3d0a-11e1-a7f5-80bdd8489cd9.shtml
Lui sì chiedeva la firma dell’autore, non tanto per tenerne traccia, quanto perché insegnerebbe alla gente, che di persona perde improvvisamente il coraggio, a moderare i termini.
Tutto corretto, non fosse per il titolo (che ritengo) fuori luogo, visto che la richiesta di nominativi reali sembra più vicina all’ideologia fascista che a un ipotetico ideale anti-fascista.
PEr il caso della corea del sud, va fatto notare, che lo stesso governo miste tale legge indiscussione, perchè dei criminali informatici, fecero incette di dati personali, sfruttando tale obbligo.