Un contributo di buonsenso e straordinaria attualità sul significato delle rivoluzioni tecnologiche viene da un’intervista di Ferdinando Adornato all’allora segretario del PCI Enrico Berlinguer del dicembre 1983, appena ripubblicata da Aliberti. L’occasione è il confronto tra il mondo reale e quello, distopico, immaginato da George Orwell per l’anno seguente.
Cinque i concetti chiave:
1. L’esito delle rivoluzioni tecnologiche non dipende dallo strumento in sé, ma dal modo in cui i cittadini lo utilizzano e dalla qualità dei contenuti di cui fruiscono.
2. Non si deve dare per scontato il potere liberatorio delle tecnologie. Ma nemmeno, di converso, reagire all’innovazione con il rifiuto a priori, o con la tentazione di rigettarla solamente per conservare lo status quo (il determinismo tecnologico, in altre parole, è falso).
3. L’esito delle rivoluzioni tecnologiche è infausto per le popolazioni che le subiscano passivamente, affidandone interamente la gestione ai governi e al potere economico costituito (che così diventano ancora più potenti).
4. La «democrazia elettronica» non può sostituire tutte le forme della vita democratica («Non credo che si potrà mai capire cosa pensa davvero la gente se l’unica forma di espressione democratica diventa quella di spingere un bottone»).
5. Ma la politica tradizionale deve conoscere i fenomeni che caratterizzano la rivoluzione tecnologica, prima di deliberare (e «Prima di tutto c’è da dire che in Italia i governi non hanno avuto e non hanno neanche la minima consapevolezza dell’esistenza di questi problemi»).
Se cittadini e politica (destra e sinistra) avessero seguito da allora questi semplici principi di base, una sorta di ‘manifesto del cyber-realismo’ ante litteram, oggi subiremmo meno retoriche contrapposte su Internet, società e politica («Le rivoluzioni si fanno su Twitter!», «Google ci rende più stupidi!»). Chissà, forse perfino meno censura. E meno bisogno di ricorrere costantemente a Orwell e a 1984 per affrontare il nostro rapporto con le rivoluzioni tecnologiche e il futuro della democrazia.
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Berlingur, Nel 1983. Ripeto nel millenovecentoottantatré, scritto bello in lungo, Berlinguer fece un’analisi piu’ profonda su internet e la democrazia digitale del 90% della attuale classe dirigente che oggi confonde Twitter con Facebook ed entrambe con il male assoluto