Dopo la sfarzosa presentazione dell’erede di Kim Jong-il, il «giovane generale» Kim Jong-un, breve reportage dalla Corea del Nord sul Corriere della Sera di oggi. L’inviato Marco Del Corona, raccontando il suo rapporto con la rete a Pyongyang, dice che sì, «Internet rimane una faccenda per pochissimi», ma nel solo giugno scorso sono stati registrati 1024 siti con il dominio nordcoreano. La tendenza, dunque, è all’apertura. Il problema non sembra essere il fatto che Internet sostanzialmente non esista per i nordcoreani: semmai il «paradosso» è quello di «un Paese che ovunque viene descritto come uno Stato-prigione» e invece «ai giornalisti ammessi per le celebrazioni di una settimana fa è stata messa a disposizione una connessione Internet», con tanto di Facebook, YouTube e «la stampa sudcoreana». Niente censura, dunque. Mica come nella «ben più aperta» Cina.
Il titolista riassume:
Certo, non sono mai stato in Corea del Nord. Ma mi viene un dubbio: se non c’è la censura, come mai Reporters Without Borders inserisce il regime tra i “nemici della rete“? Parlandone come di un Paese i cui «la grande maggioranza dei cittadini nemmeno sa che Internet esiste», in cui pochi “eletti” possono accedere a una versione locale della rete, una sorta di Intranet il cui unico scopo è diffondere propaganda di regime, e gli sparuti Cyber-cafè sono severamente controllati dalle autorità. In sostanza, «in un Paese i cui abitanti hanno come principale preoccupazione sopravvivere, l’esistenza di Internet è poco più di una diceria».
Tutti vorremmo la Corea del Nord stesse virando verso la libera rete. Tuttavia mi sembra un «paradosso» scambiare le concessioni, peraltro ben circostanziate, di cui hanno potuto beneficiare i giornalisti occidentali per un indizio concreto che ciò stia accadendo nel resto del Paese.
Ennesima dimostrazione di come la combinazione tra un “giornalista” che non sa vedere al di là del suo naso ed un titolista che non sa vedere al di là della necessità del titolo ad effetto possono contribuire a collocare la nostra informazione al posto che merita: con il Benin http://freedomhouse.org/images/File/fop/2010/FOTP2010Global&RegionalTables.pdf.
Lo so che è pessimo inserire i link al proprio blog nei commenti ma ho fatto una ricerca in queste ore per vedere in “che rete” è morto il caro leader. E mi sembra che le sue puntualizzazioni contro la disinformazione, signor Chiusi, siano doverose e ineccepibili
http://lareteingabbia.net/2011/12/20/kwangmyong/